BAGNARA CALABRA – Rompere il silenzio, denunciare, superare il muro dell’omertà, controllare la paura, decidere da che parte stare: restano queste le migliori armi contro la ‘ndrangheta che soffoca, intimidisce e uccide senza guardare in faccia nessuno. Una criminalità organizzata che ammazza di meno rispetto al passato, ma che nel frattempo ha trovato e rafforzato alleanze e connivenze nella società “perbene” riuscendo come non mai ad estendere i propri tentacoli in particolare nel mondo imprenditoriale e in quello politico-istituzionale. Lo spaccato criminale più noto alla cronache viene delineato ancora una volta dal magistrato della Dda reggina Giuseppe Lombardo e dalla numero uno di Riferimenti Adriana Musella, che per parlare di “Mafia, politica, affari: il sistema ieri e oggi” scelgono una sede non a caso: la piazza antistante il municipio di Bagnara. Sì, il comune sciolto per mafia. La città tanto cara a Gennaro Musella, padre di Adriana, l’imprenditore salernitano trapiantato in Calabria che progettava di trasformare Bagnara in una “nuova Positano”. Un sogno sfumato per colpa della mafia, che il 3 maggio del 1982 mise fine all’esistenza dell’ingegnere Musella facendolo esplodere con la sua auto parcheggiata in via Apollo a Reggio Calabria. Così l’imprenditore perse la vita, a seguito della sua denuncia su illeciti nella gara d’appalto per la realizzazione del porto di Bagnara.
Dopo l’introduzione di Carlo Toscano (Pd) e i saluti del viceprefetto Vito Turco (Commissione Straordinaria del Comune), è Adriana Musella a ricordare la figura del padre: «Mio padre oggi viene ricordato – afferma – perché è stato un uomo onesto, perbene. Mio padre non merita quel monumento abbandonato in una piazza piena di rifiuti, per questo ho chiesto che sia spostato. E Bagnara non merita un comune sciolto per mafia: è una vergogna! Ma è una cosa che coinvolge tutti. La mafia sta in mezzo a noi, la borghesia mafiosa – imprenditori, professionisti, politici – si nutre del nostro silenzio. Siamo schiavi della mafia e serve una denuncia forte contro un sistema che c’era allora e che c’è anche oggi: non è cambiato nulla. Riprendetevi Bagnara!».
Quindi tocca al pubblico ministero Lombardo appellarsi ai bagnaresi, sempre sulla scorta dell’insegnamento lasciato dall’ingegnere Musella: «Chiedo scusa ad Adriana e alla sua famiglia – così il pm – se a distanza di 33 anni la magistratura non è riuscita a dare risposte sull’omicidio di Gennaro Musella. Lui è stato ucciso dopo aver rotto il silenzio nella terra del silenzio. Del resto, i problemi non si risolvono mai se si resta in silenzio. Bagnara comune sciolto per mafia non ha nulla di diverso dal comune di Reggio, del cui scioglimento sono stato responsabile. Purtroppo, per colpa di pochi pagano in molti. Da calabresi, cerchiamo – aggiunge Lombardo – di recuperare l’orgoglio, abbandoniamo il silenzio, atteggiamento soggiacente tipico di un modo di essere. Non siamo tutti mafiosi! E i problemi di questa terra dobbiamo essere in grado di risolverli noi. Nessuno vi chiede di trasformarvi in paladini della giustizia, eroi. Capisco che si possa avere paura, ma tra il silenzio totale e la denuncia ci sono tante sfumature di grigio. Può bastare che bussiate alla mia porta, non che mi sottoscriviate un atto. Non è vero che serve la denuncia pubblica, anche una parola può essere importante e la mia porta resterà – conclude Lombardo – sempre aperta».
Francesca Meduri (Il Quotidiano)
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