BAGNARA. Tanti auguri Mimì! Nell’anniversario di compleanno, omaggio a una voce intramontabile e unica

20 Settembre 2015
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di CONSOLATA MAESANO

BAGNARA CALABRA – Oggi, 20 settembre, avrebbe spento le candeline (68) una tra le voci maggiormente intramontabili ed inconfondibili della musica italiana: la bagnarese Mia Martini, una donna dal portamento raffinatissimo e dalla vita tormentata, a cui il destino riservò un dolore per ogni successo.

mia martini

A segnarla, giovanissima, l’esperienza del carcere: nei quattro mesi di detenzione nel 1969 tentò il suicidio.
E non l’aiutò a dimenticare neanche il proscioglimento definitivo dall’accusa di possesso di stupefacenti.

“Padre, davvero sarebbe bello vedere il tuo pianto di coccodrillo! […] Poi sono venuta e non mi volevi ero una bocca in più da sfamare; non sono cresciuta come speravi […] ah, non mi avessi mai generato! Padre, davvero ma chi ti somiglia ma sei sicuro che sia tua figlia!” cantava Mia Martini nel 1971 nel suo primo brano, Padre adesso, sfogando così il complicato rapporto con la violenta figura paterna, riallacciato solo in età adulta.
La canzone subì la censura della Rai, che lo giudicò dissacrante.
Nel novembre dello stesso anno uscì il suo primo album, Oltre la collina. A colpire furono le tematiche del disco, particolarmente delicate ed insolite a quei tempi: il suicidio, la religione, la solitudine. L’album, al quale collaborò un giovanissimo Claudio Baglioni, è considerato uno tra i migliori risultati femminili e l’apripista della carriera della giovane Mimì.
Difatti, l’anno successivo propose “Piccolo Uomo” e si classificò prima alla Mostra internazionale di musica leggera di Venezia col brano “Donna Sola”; nel 1973 vinse il Festivalbar con Minuetto, capolavoro indiscusso: sua canzone più venduta, rimase nella classifica dei dieci dischi più venduti per 22 settimane consecutive e le fece aggiudicare un disco d’oro; nel 1974 venne eletta dalla critica europea cantante dell’anno e nel 1975 vinse il Telegatto di Vota la voce come migliore cantante donna dell’anno.

Tra il ’75 ed il ‘76 Mia Martini ebbe gravi problemi con le case discografiche. La Ricordi la citò in tribunale per inadempienza contrattuale ed ottenne il ritiro dal commercio del suo nuovo disco, il sequestro dei suoi beni ed il versamento di una penale di circa 90 milioni di lire. Tale azione giudiziaria mise sul lastrico la Martini, creandole parecchi debiti.
La cantante aveva scisso in anticipo il contratto per difendere la propria libertà artistica: la casa discografica le aveva imposto l’obbligo di utilizzare materiale di esclusiva proprietà dell’azienda, vietandole di attingere al repertorio estraneo. Tale imposizione faceva sentire l’artista profondamente limitata nell’esprimersi, nello scegliere ciò che più l’ispirava.
Non andò meglio con la RCA: la casa editrice modificò il brano Libera, con profondo disappunto della cantante, già per altro irritata dal poco impegno dell’azienda verso il nuovo disco, concepito per il mercato inglese. La cantante mosse alla RCA pubbliche accuse di intralcio e boicottamento.
Ciononostante, tale periodo va ricordato per il più importante successo internazionale di Mimì, che nel 1977 vinse il festival mondiale della canzone popolare di Tokyo col brano ritratto di Donna.

Seguirono gli anni della tormentata storia d’amore con Ivano Fossati, iniziata “[…]su basi sanguinolente e catastrofiche […]. E avevo il mio bel da fare con questo campo minato. Avevo un contratto con un’altra casa discografica, e ho dovuto romperlo a causa sua. Perché era geloso, dei dirigenti, dei musicisti, di tutti. Ma soprattutto era geloso di me come cantante”- raccontò in un’intervista Mia- “Diceva che mi voleva come donna, ma non era vero perché infatti non ha voluto nemmeno un figlio da me, e la prova d’amore era abbandonare del tutto anche la sola idea di cantare e distruggere completamente Mia Martini […]”
Quello tra la Martini e Fossati fu un sodalizio particolarmente intenso anche dal punto di vista musicale: per lei il compagno scrisse “La costruzione di un amore”: il brano, di una struggente poetica, passò alla storia della musica leggera italiana come un Gioiello della canzone d’autore.
Il cantautore scrisse per l’artista anche gli album Danza e Per amarti.

Nel 1981 subì due delicati interventi chirurgici alle corde vocali, che la resero completamente afona per un anno e che le cambiarono il timbro, rendendolo più roco.
La cantante dovette fare i conti con l’esperienza del dolore: “Mi hanno operata tenendomi la bocca aperta mediante un apparecchio d’acciaio che mi ha ferito tutto il palato. È stato un periodo dolorosissimo”.
Dopo tale ritiro forzato dalle scene, Mia Martini tornò più determinata che mai.
Nel 1982 si presentò a SanRemo col brano “E non finisce mica il cielo” (anch’esso scritto da Fossati): l’interpretazione colpì così tanto la giuria che per lei venne appositamente istituito il premio della critica, il quale dopo la morte della cantante prenderà il suo nome.

Nel 1983 Mia Martini si ritirò nuovamente, a causa delle crudeltà subite nel mondo dello spettacolo e della musica. Fu lei stessa a raccontarle: “Sono stata troppo disponibile per il lavoro, ho sempre avuto attorno gente che mi lodava non per quello che sono, ma per quello che potevo rendere loro. Questo della canzone è un ambiente terrificante e ho voluto restarmene fuori, restandomene dietro le quinte per tre anni. Mi sono disincantata. So qual è il marciume che sta dietro a un’artista e non voglio più essere coinvolta. Continuerò a cantare, ma a piccole dosi. Nel mondo dello spettacolo tutti cercano di stritolarti, di infangare la tua dignità.”

Soprattutto, i colleghi dell’ambiente iniziarono a far circolare la voce che ella portasse iella: tale maldicenza portò all’ostracismo dell’artista, che iniziò ad essere evitata come un’appestata: “Un programmatore radiofonico e televisivo, che sta curando la realizzazione di un programma estivo per la Rete, ha detto chiaramente ai miei discografici che è molto meglio che io stia alla larga dalla sua troupe, perché porto jella. Tante grazie per questo contributo alla intelligenza. Ma ti sembra giustizia? Ormai ho smesso anche di odiarli e di soffocare la mia rabbia e di disperarmi.”- Si sfogò la cantante. Ed ancora: “La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival, perché con me nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo, per cui decisi di ritirarmi.”

Ancora una volta però Mia Martini riuscì a rialzarsi.
Nel 1989 ottenne un successo senza precedenti a Sanremo col brano Almeno tu nell’universo (scritto diciassette anni prima, ma rimasto inedito) e si aggiudicò per la seconda volta il premio della critica.
Sempre nel 1989 vinse il disco d’oro al Festivalbar col brano Donna e la Targa Tenco come miglior interprete femminile dell’anno.
Nel 1990 il palco dell’Ariston le assegnò nuovamente il premio della Critica per l’eccezionale interpretazione de La nevicata del ’56.
Nel 1991 la cantante duettò con Roberto Mutolo il brano Cu ‘mme.
Nel 1992 arrivò seconda al festival di Sanremo con la canzone Gli uomini non cambiano.

La vita di Mia Martini ebbe una tragica fine: il 14 maggio 1995 il suo corpo venne ritrovato senza vita nel suo appartamento di Varese.
L’artista morì in seguito ad un infarto provocato da overdose di cocaina e il caso venne archiviato come suicidio.
Le sorelle hanno sempre smentito tale ipotesi: Loredana accusò il padre- come si è già detto violento- per i lividi ritrovati sul corpo della sorella e per la sua volontà di cremare immediatamente la figlia.

Furono oltre 4000 le persone che accompagnarono Mimì nel suo ultimo viaggio.

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