SCILLA – Incatenati e in lacrime per difendere il diritto alla salute. I pazienti oncologici dello “Scillesi d’America” non ci stanno e contestano a chiare lettere la spiegazione di una scelta obbligata in vista della trasformazione dello “Scillesi” in Casa della Salute, struttura non ospedaliera e quindi non “abilitata” a prestazioni oncologiche come la chemioterapia
Circondati dai familiari, e sostenuti da cittadini, associazioni e amministratori locali, pazienti oncologici provenienti dall’intera provincia reggina hanno detto “no” al trasferimento del reparto presso l’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo.
Il provvedimento sembra certo, ma i malati non intendono ricominciare tutto daccapo. Hanno iniziato un percorso di cure a Scilla e qui vogliono concluderlo, perché è nella professionalità dei medici del reparto retto dal primario Francesco Tropea che hanno riposto le loro speranze di guarigione. E’ nell’equipe oncologica scillese che hanno trovato conforto, aiuto, disponibilità, umanità, competenza. Sempre. A tutte le ore. «Se abbiamo bisogno i medici ci sono sempre, rispondono al telefono anche di notte», hanno dichiarato in coro.
Una protesta a tratti straziante. Gente disperata, segnata dalla malattia ma non disposta ad arrendersi a una decisione calata dall’alto. D’ora in avanti sarà dunque costretta a combattere una doppia battaglia: quella contro il cancro, e quella contro le discutibili azioni di un piano di rientro sanitario che tutto sembra guardare tranne la salute dei cittadini calabresi.
Nel mirino dei manifestanti il commissario ad acta Massimo Scura e gli altalenanti vertici dell’Asp di Reggio Calabria, mentre la politica (tutta) è stata incalzata a fare la propria parte fino in fondo a tutela del sacrosanto diritto alla salute.
«Guardate solo ai vostri interessi, interessi politici. Ma noi da qui non ci muoviamo. Questa è la nostra famiglia, la nostra vera terapia. Ma state attenti, perché noi da qui non ci muoviamo. Questa è la nostra famiglia, la nostra vera terapia. Io sono stata al Nord, ma da quando mi curo in Calabria mi sono sentita a casa, mi mancava la mia Calabria, i miei affetti, tutta la mia famiglia, la mia casa. Ringrazio il Piemonte che mi ha ospitata, ma come sono stata curata qua è un’altra cosa, voglio rimanere in Calabria e a Scilla!» ha urlato una paziente.
A farle eco un’altra signora malata di cancro: «Una tragedia così immensa necessita di grande equilibrio, difficile da trovare fuori casa. A Scilla ho trovato tutto: professionalità, serietà, competenza e umanità. Per il malato oncologico è importante avere accanto persone sì competenti, ma che ti guardino come persone e non come bestie! La sanità calabrese ci sta riducendo a bestie. Siamo arrabbiati, sconcertati. E’ ingiusto che Scilla venga privata di un polo di eccellenza, mi rifiuto di accettarlo». fra.me.
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