VILLA. Teoria gender, importante dibattito promosso dal Kiwanis club: ecco i pareri degli esperti

7 Dicembre 2015
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di CONSOLATA MAESANO

VILLA SAN GIOVANNI – Della “teoria gender” in Italia se n’è parlato parecchio e male.
Una concatenazione di mistificazioni, allarmismo e bufale ha deformato i gender studies che- spieghiamolo una volta per tutte- nient’altro sono che un approccio multidisciplinare sui significati socioculturali della sessualità e dell’identità di genere in una “ideologia”, che mira ad annientare la differenza tra i due sessi.
Così, i libri che semplicemente insegnano a bambini e bambine a giocare come meglio preferiscono, senza stare a pensare se si tratti di giochi “da maschio” o da “femmina” sono diventati abominevoli testi che insegnano loro a masturbarsi; addirittura il comma due dell’articolo 16 dell’allora decreto legge sulla buona scuola, che parla semplicemente della promozione dell’«educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni», si è trasformato in una legge effettiva, che rende obbligatorio l’insegnamento della teoria (inesistente). La confusione è talmente tanta che il ministro dell’istruzione Stefania Giannini è stata costretta a scrivere una circolare chiarificatrice sul tema.
Per far chiarezza su una tematica tutt’altro che chiara, il Kiwanis club di Villa San Giovanni ha organizzato un convegno dal titolo “Gender: studi di genere oltre il dato biologico. Aspetti e modelli culturali, sociali e giuridici”.

Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina e del presidente Kiwanis club di Villa San Giovanni Erminia Villani Conti, la neuropsichiatra infantile Giovanna Campolo (presidente dell’associazione Ecopoiesis) ha aperto il convegno con un intervento mirato a fare chiarezza sugli elementi che articolano la psicosessualità: l’identità sessuale, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e il comportamento sessuale.
“L’identità di ruolo o genere riguarda la convinzione intima e profonda di essere uomo o donna. Essa esprime la presenza delle strutture mentali di mascolinità e femminilità da attribuire a sé e agli altri, che acquisite in una fase precoce dello sviluppo infantile sono il risultato dell’interrelazione tra le attitudini dei genitori, della società (cioè le identificazioni parentali) l’educazione ricevuta e l’ambiente socioculturali.
Correlato all’identità di genere, l’identità di ruolo è l’insieme dei comportamenti agiti all’interno delle relazioni con gli altri e delle attitudini che sono riconosciuti come propri dei maschi e propri delle femmine. Il ruolo di genere, costruito concettualmente a partire dai due anni e suscettibile di trasformazione nel tempo, esprime adattamento sociale alle norme condivise su attributi e condizioni fisiche (l’apparenza), gesti (i manierismi), gli adornamenti, i tratti di personalità, vocabolario, interessi, abitudini definiti tipici o inappropriati per il genere.
L’orientamento sessuale è l’attrazione erotica e affettiva di un individuo verso un altro
Il comportamento sessuale descrive pratiche e atti sessuali quale risultato ultimo degli atteggiamenti verso la sessualità e il proprio partner.
L’identità sessuale è dunque l’insieme di questi fattori”.

Augusto Sabatini, magistrato presso la corte d’appello di Reggio Calabria, ha posto l’accento sulle sfide legislative che le nuove realtà sociali e sessuali impongono di affrontare: “Queste tematiche toccano l’identità umana: abbandonando la distinzione, si lascia il soggetto libero di costruire il decostruire la propria identità. Adesso nulla è precostituito: siamo ciò che percepiamo di essere. Costruzione e de costruzione non sono più tappe irreversibili.
Ma ciò pone delle problematiche al diritto.
Difatti, quando tutto dipende dal singolo non è possibile un giudizio generico: tecnicamente la guida non è data normativamente, ma singolarmente.
Ogni individuo chiede al diritto di trasformare la propria condizione; è dunque il singolo a chiedere come modificare il diritto.
Ad esempio, in Germania è stato proposto il genere neutro. Sono possibili anche 29 identità di genere.
La riassegnazione del sesso diventa l’esercizio del diritto a mutare identità.
Si apre dunque una miriade di questioni articolate, solo per fare qualche esempio: l’età o la revocabilità.
È difficile oggettivare perché manca la tipicità: servono tante regole quanti sono i casi. È una questione seria, perché al diritto serve certezza di definizione, stabilità. Sembra difficile arrivarci ma non è impossibile”.

La consigliera regionale di parità, Maria Stella Ciarletta, ha trattato il tema delle discriminazioni sessuali. “L’identità è oggettiva, l’uguaglianza è il valore del dare a persone diverse le stesse opportunità.
La riforma della buona scuola mira all’attuazione delle pari opportunità, non alla discriminazione di genere. Gli stereotipi creano pregiudizi sociali e qui interviene la scuola: dev’essere un laboratorio per elaborare, un posto dove i ragazzi possano esprimersi, perché formare, parlare è strategico. È poi necessario rompere i ruoli già da piccoli: educare ad accettare la complessità e le scelte degli altri. Spesso le scelte delle donne mettono in crisi i rapporti. Ecco perché bisogna lavorare sin da piccoli per far capire che i ruoli non sono rigidi e che la realtà non va banalizzata. Le donne stanno lottando per rivendicare la parità, ma ancora vige una dicotomia, un contrasto tra l’ambito materno e lavorativo.
Ancora oggi non si riesce a metabolizzare maternità e ruolo donne senza strozzature. È importante parlane a scuola. Bisogna lavorare alla consapevolezza di sé”

La dirigente dell’istituto comprensivo Giovanni XXIII di Villa San Giovanni Grazia Maria Trecroci è intervenuta sulla confusione dettata dagli equivoci sulla “teoria” gender e sulla sua falsa introduzione nelle scuole, ricordando i veri obiettivi e il lavoro dell’istituzione formativa: “La scuola ha il compito di far sì che non avvengano discriminazioni ed emarginazioni. All’istituzione spetta il compito di formare cittadini in grado di partecipare alla cittadinanza in maniera consapevole e quello di tenere in conto le singolarità e le complessità delle varie fasi della formazione e soprattutto dei limiti e delle potenzialità di ciascun studente. Tutte le normative mirano a creare una scuola di tutti e di ciascuno; sono degli inni alla tutela dell’identità senza discriminazioni e stereotipi. L’obiettivo è promuovere la divergenza, il pensiero, la creatività. È grazie a questi elementi che lo studente si trasforma in un soggetto capace di orientarsi e trovare il suo posto”.

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