VILLA. La campagna del fiocco giallo si chiude con un appello alle madri: «Non abbiate paura di educare»

8 Dicembre 2015
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di CONSOLATA MAESANO

VILLA SAN GIOVANNI – A concludere la campagna del fiocco giallo contro la violenza sui minori, nella domenica appena trascorsa, è stata una tavola rotonda dal tema “Il ruolo della madre nella società postmoderna”, organizzata dall’assessorato alla Cultura, dall’assessorato alle Politiche di coesione sociale (guidati rispettivamente da Lorenzo Micari e da Maria Grazia Richichi) e dal circolo culturale “La belle epoque” che, ospitando l’incontro, ha fatto gli onori di casa con Maria Giovanna Salzone.

Sempre durante le battute iniziali, Maria Grazia Richichi ha tenuto a fare un bilancio delle attività e delle iniziative realizzate in occasione delle campagne del fiocco giallo e del fiocco bianco, mostrandosi visibilmente soddisfatta ed emozionata per tanta partecipazione: «Villa San Giovanni – ha detto orgogliosa l’assessore Richichi – si conferma città ricca di associazioni che hanno voglia di fare per il territorio».
Moderati dalla giornalista Valeria Bellantoni, si sono poi susseguiti gli interventi dei tre relatori invitati per l’occasione. Tre professionisti che hanno offerto contributi di spessore, ricchi di contenuti, esponendo con grande chiarezza e semplicità, senza mai annoiare, e stimolando importanti spunti di riflessione su una tematica di stretta attualità.

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La giovane psicologa Marta Creaco, dopo aver tracciato un quadro della postmodernità, si è soffermata sulle nuove sfide che la famiglia si trova ad affrontare nella società postmoderna: «Oggi la società offre una libertà senza limiti, che a sua volta comporta l’esaltazione del narcisismo. Ciò fa ammalare l’essere sociale, soprattutto i soggetti più giovani e piccoli. Il ruolo dei genitori in questo contesto continua ad essere la tutela dei figli. La famiglia è in continuo mutamento, in continua morfogenesi: i mutamenti sociali sono direttamente proporzionali ai cambiamenti e ai contesti familiari. Bisogna trovare un equilibrio valorizzando ciò che è importante: l’amore, il rispetto, il prendersi cura degli altri. Sono sentimenti chiave per l’equilibrio e la serenità».Tali mutamenti investono anche la figura materna: «Il ruolo della madre – ha aggiunto Creaco – oggi è diverso rispetto al passato. La madre per millenni ha avuto un ruolo di cura, di protezione; ma attualmente il suo compito è molto più ampio. La madre oggi è un’acrobata in bilico tra passato e futuro, tra la rappresentazione degli altri e la rappresentazione di sé. La madre oggi è autonoma, vuole valorizzare il proprio sé. È un tipo di madre disponibile, disposta al sacrificio, ma non è disposta a sacrificare sé e gli altri: è questa la mutazione antropologica».

A tratti doloroso, ma pieno di speranza il racconto dell’ingegnere e startupper reggina Menia Cutrupi, ideatrice di “Mammamenia”, una piattaforma finalizzata a commercializzare “cofanetti di coccole” per mamme: servizi di benessere, eventi emozionali e servizi opzionali. La sua startup si è classificata nella finale nazionale di “Startup revoluzionary road”, rientrando tra i dieci migliori progetti italiani: «Ai tempi dissi a mio figlio: “mamma ti promette che arriverà in finale” e così è stato», ha ricordato la progettista.
La storia personale di Menia Cutrupi è contrassegnata da una malattia, ma la sua determinazione è stata ed è più forte: «Mi hanno diagnosticato la sclerosi multipla nove anni fa. Ho pensato che non avevo ancora realizzato il mio sogno di diventare mamma. Allora ho deciso, contro il parere dei medici, di fare figli. Poi ho raggiunto anche il traguardo della laurea e ho fatto un altro figlio. Ho avuto però una brutta ricaduta, ma sono riuscita a superarla: durante la malattia mio figlio mi ha incoraggiata. “mamma sei la migliore del mondo”: li ho deciso che mi sarei rialzata”».
La Cutrupi è dunque fermamente convinta che nessuno debba rinunciare ai propri progetti, ai propri sogni: «A volte anch’io mi sento in crisi, ma non ci si può fermare: il mondo non si cambia con le lamentele, ma con i sogni. Quando penso di non farcela, mi vengono in mente le parole di mio figlio: “se si rinuncia a un briciolo dei propri sogni, il mondo diventa secco”».

Una mamma coraggiosa Menia Cutrupi, capace di rimboccarsi le maniche contro ogni avversità – tra cui anche la crisi dell’azienda di famiglia dopo aver denunciato la ‘ndrangheta – e che trae continuamente forza dai figlioletti che la incoraggiano e sostengono. Del resto, la mamma è la mamma. Su questo non ci piove. E a ribadirlo è stato pure l’ospite d’eccezione della tavola rotonda, Antonio Marziale, fondatore e presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori.

Il noto sociologo calabrese ha posto l’accento sui mutamenti postmoderni della figura materna: «Modernità o no, la madre rimane il fulcro della famiglia. Non è cambiata la donna: è stata la società a imporle di cambiare. La donna è sola, perché la obblighiamo a percorrere un qualcosa (lavoro) che prima era solo un sogno: ha aspettato questo momento per dimostrare il suo valore. La donna è ormai costretta al lavoro, perché non basta più uno stipendio: il lavoro non è più una vocazione, ma una necessità. Bisogna prendere ad esempio i modelli dell’Europa del nord: lì guardano alla donna, propongono un modello di effettiva assistenza all’infanzia, che in Italia non esiste. Qui questi modelli sono volutamente ignorati».
In questo caotico contesto sociale famiglia e genitori devono continuare a rappresentare un solido punto di riferimento per i figli: «Ormai vige il relativismo e quando la società perde limiti e paletti – ha detto Marziale puntando il dito verso quei genitori che abbandonano figli piccoli e adolescenti davanti a Tv, videogiochi e social network – tutto diventa Babele: noi siamo anestetizzati, abbiamo perso la capacità di arrabbiarci. La madre deve fare la madre; invece oggi rinuncia, delega, ha paura dello scontro generazionale: eppure non bisogna aver paura di educare, perché se si vuol perdere un figlio basta dire sempre sì. La soluzione è la tradizione. Genitorialità significa responsabilità, non tendenza. Bisognerebbe fare figli solo se si è disposti ad assumersene la responsabilità, perché una famiglia sfasciata rovina la società».

I “no”, dunque, aiutano i figli a crescere, a diventare uomini. I genitori non possono sottrarsi al proprio compito solo per non deluderli e per non dargli un dispiacere, per paura di una reazione poco felice. Che, solo in casi estremi o in presenza di fatti e di problemi di particolare rilevanza, come riferiscono le cronache del passato (quando la tecnologia non era ai livelli odierni, ndr) e attuali, potrebbe coincidere con qualcosa di veramente grave.

Questi, in sintesi, i concetti espressi da Marziale, applauditissimo dalla platea anche per i suoi irresistibili intermezzi dialettali che hanno reso ancor più l’idea della condizione di degrado morale ed etico in cui versano tante, troppe famiglie italiane.

Platea formata in prima fila dal vicesindaco Giovanni Siclari, dal capogruppo di maggioranza Liz Ciccarello, dall’assessore Lorenzo Micari, dalla delegata di Cannitello Anna Bellantone, dall’assessore Rocco Cassone e, nei minuti finali, dal sindaco Antonio Messina.

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