VILLA SAN GIOVANNI – Di seguito il documento completo proposto dal gruppo consiliare del Partito democratico (Cosimo Freno, Francesco Idone, Filippo Bellantone) in merito all’atto di concessione dell’ex area di servizio A3 Villa San Giovanni Est, approvato nell’ultima seduta del Consiglio comunale:
OGGETTO: Approvazione atto di concessione Area Servizio Autostrada A3
Con riferimento al punto n. 2) posto all’O.d.G. dell’odierno Consiglio Comunale avente ad oggetto “Approvazione atto di concessione Area Servizio Autostrada A3”, gli scriventi Consiglieri Comunali appartenenti al Gruppo Consiliare del Partito Democratico, a seguito di disamina del suddetto atto di concessione – di cui la Giunta Comunale ha già preso atto con Deliberazione n. 175 Reg. Delib. del 09/12/2015, a mezzo della quale ha proposto l’approvazione definitiva da parte del C.C. – espongono quanto segue.
Preliminarmente, si rappresenta che l’area in oggetto è sicuramente ideale per la realizzazione della sede intercomunale di Protezione Civile, sia per la posizione strategica ove si trova ubicata che per l’estensione della superficie utilizzabile.
Per tali motivi, infatti, la stessa area risulta già inserita nel piano comunale di PRO.CIV., con approvazione tecnica del Dipartimento Regionale di PRO.CIV.
Tanto premesso, dalla lettura del contratto di concessione che oggi il C.C. viene chiamato ad approvare, si ravvisano delle palesi criticità che potrebbero, laddove approvato l’atto nei termini in cui viene presentato, produrre un sicuro pregiudizio economico all’Ente Comunale.
In particolare, le criticità a cui si richiama vengono, ivi di seguito, analiticamente riportate:
1. Presenza in situ di serbatoi interrati utilizzati da E.N.I. S.p.A. per lo stoccaggio di carburanti (serbatoi che, ad oggi, non sono stati né rimossi né, tantomeno, inertizzati).
Nelle premesse dell’atto di concessione viene cristallizzato che “il Concessionario ha preso visione dei luoghi in data [……….] come da verbale di sopralluogo (all. 2) e accetta il loro stato di fatto e di diritto, avendo valutato positivamente la rispondenza dei luoghi allo scopo che si è prefissato. Il Concessionario è a conoscenza dell’esistenza di serbatoi interrati, utilizzati da eni S.p.A. per lo stoccaggio di carburanti fintanto che l’area è stata aperta al pubblico, che non sono stati né rimossi né inertizzati; il Concessionario è altresì a conoscenza dell’esistenza di amianto all’interno dell’area” e, per l’effetto, che “ANAS, con la suddetta nota del 28 aprile 2015 (cfr. all. 4), per tutto quanto sopra premesso, ha subordinato la concessione dell’area all’accettazione della condizione di presa in consegna dell’area nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, con tutti gli annessi e connessi, adiacenze, dipendenze e pertinenze, nulla escluso, manlevando ANAS da ogni eventuale responsabilità e addebito e che il Comune di Villa San Giovanni, con nota del 19 maggio 2015 (assunta da ANAS al Prot. CDG-0066834-A del 26 maggio 2015, all. 6), ha dichiarato di accettare la suddetta condizione”.
Ed ancora, all’art. 7 (Tutela Ambientale), viene pattuito quanto segue: “Il Concessionario ha preso atto dell’assenza delle informazioni in merito allo stato ambientale dell’area e la riceve in consegna nelle condizioni ambientali in cui essa si trova e riconosce che le eventuali passività ambientali fino alla data della consegna sono ascrivibili alla Società eni S.p.A.. Con la sottoscrizione del presente Atto, il Concessionario prende atto e accetta che le eventuali passività ambientali e/o di sicurezza gravanti sull’area potrebbero comportare una diversa pianificazione degli investimenti, nonché modifiche e/o limitazioni all’uso degli stessi e che le stesse sono ricomprese nel canone di concessione. Per qualunque danno o pregiudizio connessi alle predette eventuali passività il Concessionario non potrà, in alcun caso, avanzare pretese, istanze o domande di risarcimento o rimborso nei confronti di ANAS. Il Concessionario si impegna a gestire, a conservare e, infine, a riconsegnare i fabbricati, gli impianti presenti nell’area in condizioni conformi a quelle previste dalla normativa (specificatamente quella sanitaria, ambientale – in particolare D.Lgs. 152/06 e s.m.i. – e di sicurezza – in particolare D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) vigente al momento della riconsegna e a manlevare e tenere indenne ANAS rispetto ad ogni e qualunque pretesa di terzi o dipendenti derivante, o anche solo occasionata, dal mancato ossequio alla predetta normativa. I serbatoi presenti nell’area potranno essere rimossi o inertizzati, comunque gestiti in modo conforme alla legge dal Concessionario, a Suo carico e sotto la Sua unica responsabilità, così come l’amianto presente nell’area, manlevando ANAS da qualsivoglia onere e responsabilità in merito. All’atto della riconsegna dell’area, il Concessionario rilascerà ad ANAS le certificazioni relative nonché tutta la documentazione che attesti la conformità dell’area nel suo complesso ivi inclusi fabbricati e impianti alla normativa vigente al momento della riconsegna”.
Orbene, per quanto riguarda la bonifica/rimozione delle cisterne interrate (le quali, ad oggi, non sono state né rimosse dal sito né, tantomeno, inertizzate) la normativa vigente in materia prevede due possibili alternative:
⦁ Rimozione previo svuotamento totale, smaltimento presso centro autorizzato, verifica del sottosuolo per eventuali inquinamenti e conseguente bonifica, riempimento della fossa;
⦁ Dismissione con eliminazione di ogni possibile pericolosità e conseguente messa in sicurezza.
A tal proposito, supponendo che si opti per la soluzione economicamente meno dispendiosa (la seconda), si rappresenta che, per dismissione, si intende la messa fuori servizio definitiva del serbatoio (disconnessione fisica del serbatoio dalle linee di erogazione/alimentazione).
Il serbatoio dismesso, pertanto, andrà messo in sicurezza (svuotato, bonificato, riempito con acqua o con argilla espansa o altri solidi facilmente eliminabili) ad opera di aziende qualificate.
Qualora la rimozione non fosse fattibile il serbatoio dismesso andrà messo in sicurezza permanente (intendendo per ciò quell’insieme di azioni per mantenere in sito senza limiti di tempo i serbatoi dismessi; consistenti in: bonifica interna, prova di tenuta, e, nel caso di esito sfavorevole della prova, indagine ambientale, con conseguente comunicazione all’ARPA – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – dello stato di perdita ed eventuale sigillatura del serbatoio o riempimento con ghiaia).
Resta inteso, comunque che, in entrambi i casi, sussiste l’obbligo di bonifica dei serbatoi, nonché l’obbligo di messa in sicurezza (temporanea o definitiva) degli stessi, al fine di eliminare il rischio di sversamento di prodotti nel suolo o dell’instaurarsi di condizioni di infiammabilità dei liquidi e/o dei vapori eventualmente presenti all’interno degli stessi.
Sicché, in mancanza di informazioni in merito alla stato ambientale dell’area ((di cui il Concessionario avrebbe già preso atto – cfr. art. 7 (Tutela ambientale) dell’atto di concessione)), si renderà necessaria – ancor prima della rimozione e/o messa in sicurezza dei serbatoi – l’effettuazione, a cura e spese del concessionario, di un’indagine ambientale con adeguata caratterizzazione del sito, mirata a rilevare l’eventuale presenza nel suolo circostante ai serbatoi di sostanze presenti all’interno dello stesso. E, per l’effetto, qualora, a seguito della dismissione, dovessero evidenziarsi fenomeni di contaminazione si dovrà procedere alla bonifica del sito, ai sensi delle normative vigenti.
In tutti casi in cui non possano ragionevolmente escludersi condizioni di rischio (ovvero, non vengano adottati gli accorgimenti di cui ai precedenti punti) o si sospetti la presenza di fenomeni di contaminazione, in atto o pregressi, andranno condotte adeguate indagini ambientali finalizzate alla verifica dell’effettiva sussistenza e consistenza. In tutti i casi in cui verrà accertata la presenza di fenomeni di contaminazione, in atto o pregressi, andranno adottate le necessarie misure di contenimento, di bonifica e riparatorie.
A ciò, si aggiunga la sigillatura e/o rimozione di tutte che le tubazioni di distribuzione del carburante.
Orbene, nell’atto di concessione e nella documentazione nello stesso richiamata non vi è traccia né dei report delle verifiche periodiche fatte per conto di ENI sui serbatoi (stato di consistenza) e dei test ambientali né, tantomeno, viene indicato il necessario e propedeutico programma volto all’intervento di bonifica (dismissione dei serbatoi) da eseguire e senza il quale, si ricorda laddove ce ne fosse bisogno, l’area non potrà essere utilizzata per nessun fine.
2. Presenza in situ di amianto
Con riferimento al presente punto, si evidenzia la presenza di amianto sulla copertura degli edifici, nella controsoffittatura e, probabilmente, finanche in qualche pannello divisorio in fibra di vetro dei vari ambienti.
Sicché, si ricorda ai colleghi consiglieri che la legge non obbliga a bonificare in ogni caso l’amianto presente in un immobile, ma la bonifica si rende necessaria solo quando le condizioni dell’amianto o dei suoi composti siano tali da costituire un pericolo per chi si trova nelle vicinanze.
E’ questo il motivo per cui, di fronte ad elementi di amianto o di composti, è importante il controllo dello stato di conservazione degli stessi. Qualora si abbia il dubbio che lo stato sia compromesso e sia quindi iniziato, o peggio sia già da lungo in atto, un processo di degenerazione, occorre rivolgersi ad un’azienda specializzata nella bonifica dall’amianto, in modo da richiedere un esame della situazione.
Il personale qualificato che effettuerà il sopralluogo sarà, successivamente, in grado di decidere in merito ad un eventuale e necessario intervento di bonifica.
Tanto premesso, vi è normativa che regola e disciplina le responsabilità dei proprietari di immobili e dei datori di lavoro (e, a tal proposito, ai sensi del D.Lgs 81/08 e s.m.i., i volontari di protezione civile sono a tutti gli effetti lavoratori e il Sindaco è il loro datore di lavoro). Per i proprietari, la legge prevede che le persone siano protette da danni e pericoli concernenti l’immobile, di conseguenza, nel caso di amianto pericoloso, il proprietario dell’immobile ha in carico il compito di provvedere alla sua rimozione o bonifica. Anche i datori di lavoro di chi opera in ambienti contenenti amianto e composti hanno a loro carico una serie di obblighi riguardo alla tutela dei loro dipendenti.
Orbene, nel nostro caso la presenza dell’amianto all’interno dell’area è conosciuta e, con la sottoscrizione dell’atto di concessione, viene chiesto di ratificare la suddetta circostanza, con le conseguenze che dalla stessa derivano.
Pertanto, ad avviso degli scriventi consiglieri, bisognerà procedere preliminarmente alla eventuale sottoscrizione dell’atto di concessione con una immediata mappatura e/o rimozione/bonifica.
3. Assenza di informazioni sullo stato dei soprassuoli e dei sottoservizi esistenti all’interno dell’area di interesse.
Con riferimento al suddetto punto, in mancanza di documentazione utile e conducente, ci si limita ad un cenno sulle problematiche che potrebbero insorgere, a seguito della cessione dell’area in favore dell’Ente, legate (le problematiche) all’assenza di informazioni in merito a:
– Cisterna per riserve d’acqua (non si conoscono le condizioni interne e soprattutto se ci sono perdite);
– Strutture (Non è stato mai consegnato un certificato di collaudo delle strutture e neanche una relazione più o meno recente sulle condizioni attuali dei vari elementi: ruggine, deterioramento, tenuta dei controsoffitti, tettoie esterne);
– Smaltimento acque nere e bianche (sicuramente esisteranno delle vasche di raccolta che andranno verificate);
– Impianto elettrico e idrico (che andrà preliminarmente verificato e conseguentemente messo a norma);
– Bonifica ambientale (l’intera area dovrà essere bonificata da tutti i residui di idrocarburi presenti nei magazzini e nelle zone cambio oli e stoccaggio esterne).
Con riferimento a quanto sopra, si chiede al Consiglio Comunale di approvare “a scatola chiusa” ed in assenza di qualsivoglia informazione sullo stato ambientale dell’area, un atto di concessione ove, all’art. 7, comma 1, si statuisce che “Il Concessionario ha preso atto dell’assenza delle informazioni in merito allo stato ambientale dell’area e la riceve in consegna nelle condizioni ambientali in cui essa si trova e riconosce che le eventuali passività ambientali fino alla data della consegna sono ascrivibili alla Società eni S.p.A.”,
3. Canone di concessione / Durata della concessione (9 anni) del diritto di superficie / Rinnovo a titolo oneroso / Revoca anticipata del cedente / Spese ed oneri a carico del concessionario
Fermo restando tutto quanto sopra esposto, con riferimento al presente punto, ivi di seguito, verranno richiamati gli articoli dell’atto di concessione che, ad avviso degli scriventi consiglieri, rendono lo stesso atto capestro e che, per l’effetto, ne impediscono l’approvazione.
In particolare, all’art. 3 dell’atto di concessione le parti pattuiscono che: “Il canone di concessione è da intendersi conguagliato dagli oneri da sostenere, da parte del Concessionario, per l’esecuzione delle opere necessarie alla bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale dell’area previsti dal d.lgs. 152/2006, ovvero per qualsivoglia attività di demolizione, di ristrutturazione, di manutenzione, di adeguamento a norma che dovesse rendersi necessaria”.
L’assoluta mancanza di un PROGETTO DI FATTIBILITA’ TECNICA CON ANALISI DI COSTI, che possa permettere a chi oggi è chiamo ad approvare l’atto di concessione di prendere cognizione dell’impegno di spesa che l’Amministrazione Comunale sarà tenuta a sostenere per la bonifica e messa in sicurezza dell’area da destinare a sede intercomunale di PRO.CIV. impedisce di valutare la congruità economica ut supra indicata (conguaglio), stante che gli eventuali costi legati alla bonifica/messa in sicurezza dell’area potrebbero superare di molto l’eventuale pagamento di un canone per i nove anni di concessione.
A ciò si aggiunga, inoltre, che la concessione è di durata limitata nel tempo. Difatti, sempre nella parte motiva dell’atto di cessione, viene statuito che: “La concessione avrà la durata di anni 9 (nove) a decorrere dalla data di consegna dell’area, risultante dal verbale di cui all’articolo 1 (il verbale richiamato porta la data del 31/05/2013)”.
Sicché, decorsi i nove anni, il concessionario potrà richiedere ad A.N.A.S. S.p.A. il rinnovo del diritto di superficie per eguale periodo, ma tale rinnovo (diversamente dalla prima concessione novennale) sarà oneroso per l’Ente, tanto che nell’atto viene specificato quanto segue: “il corrispettivo del rinnovo sarà determinato da ANAS. Tutte le spese relative all’atto di rinnovo, alla stima per la determinazione del corrispettivo e ogni altra inerente al perfezionamento del rinnovo stesso, saranno poste a carico del Concessionario”.
Al danno, quindi, si aggiungerebbe la beffa per il concessionario, nel caso in cui, decorsi i primi nove anni la concessione non venisse rinnovata. Difatti, all’art. 2 dell’atto di cessione, viene pattuito che: “Nel caso in cui il diritto di superficie non venga rinnovato alla scadenza, o in caso di recesso anticipato (ovvero prima della naturale scadenza) tutte le opere realizzate, nonché tutti gli impianti, pertinenze e quant’altro costruito ed installato dal concessionario, nulla escluso, passeranno di proprietà di ANAS senza alcun indennizzo; ferma restando la possibilità da parte di ANAS di richiedere la rimozione di ogni impianto/struttura realizzati e/o la bonifica del suolo e del sottosuolo; la bonifica dovrà essere attestata dal Concessionario presentando, a lavori ultimati, specifica dichiarazione”.
Orbene, dalla lettura dell’atto di cessione, nei termini in cui viene presentato, emerge una sproporzione di tutele, le quali risultano essere tutte appannaggio di ANAS (contraente forte) e a discapito dell’Ente comunale (contraente debole), soprattutto con riferimento alla possibilità che si riserva la predetta Società Concessionaria di Stato nel recedere dal suddetto atto di concessione.
A tal proposito, a titolo esemplificativo (e non esaustivo) si trascrive il testo dell’art. 9 (Revoca della Concessione) del suddetto atto, ove viene statuito che: “la concessione sarà revocata … (omissis) … d) per sopravvenute cause di forza maggiore; e) per eccezionali sopravvenute motivate esigenze di sicurezza stradale … (omissis)… È fatta in ogni caso salva la facoltà di ANAS di revocare anticipatamente, in ogni momento, la concessione, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o di tutela della sicurezza stradale senza che la stessa sia tenuta a corrispondere alcun indennizzo e/o risarcimento, ai sensi di quanto disposto dall’art. 27, comma 5, del Codice della Strada. In tal caso la presente concessione si intende automaticamente risolta. Per effetto della risoluzione anticipata del contratto gli immobili, le opere e gli impianti realizzati passeranno di proprietà ad ANAS”.
Infine, non può non ravvisarsi un paradosso nell’art. 13 (Riconsegna), laddove viene statuito che: “Il Concessionario assume l’obbligo di riconsegnare le aree, gli accessori, le attrezzature e i servizi oggetto del contratto nel medesimo stato in cui si trovano al momento della sottoscrizione del presente contratto e del verbale di consegna”.
Quindi, dalla interpretazione letterale del suddetto articolo, il Concessionario – dopo aver bonificato le aree – dovrebbe riportare sulle stesse i serbatoi e le lastre di amianto, a meno che ANAS S.p.A., alla cessazione, per qualsivoglia ragione, della presente concessione – per come previsto all’art. 5, comma 3, dell’atto di cessione – non chieda, in luogo del ripristino (a totale carico del Concessionario) che le opere dallo stesso realizzate restino nella proprietà di ANAS senza alcun compenso o rimborso alcuno in favore del Concessionario. Ed anche in tal caso (e sicuramente ANAS lo richiederà) il Concessionario dovrà in ogni caso restituire tali beni liberi da qualunque onere, nonché da persone e cose, in buono stato di conservazione e manutenzione.
Ovviamente, in tutto ciò, evidenziando l’ovvio, oneri e spese sono posti a carico esclusivo delle casse dell’Ente stante che, all’art. 11 (Spese generali), viene statuito che: “Sono a carico del Concessionario oltre alle spese previste dall’art. 3 del presente Atto (il richiamo è agli oneri per l’esecuzione delle opere necessarie alla bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale dell’area previsti dal d.lgs. 152/2006, ovvero per qualsivoglia attività di demolizione, di ristrutturazione, di manutenzione, di adeguamento a norma che dovesse rendersi necessaria), tutte le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché di pulizia dell’area concessa. Sono altresì a carico del Concessionario tutti gli adeguamenti che dovessero essere disposti dalla normativa e dalle Autorità Pubbliche… (omissis) … Sono, inoltre, a carico del Concessionario le spese relative alla riconsegna del terreno”.
Non vi è dubbio, alla luce di quanto sopra esposto che siamo di fronte ad un contratto capestro che, laddove accettato, comporterà un gravissimo pregiudizio economico per le casse dell’Ente Comunale.
Fermo restando tutto quanto sopra premesso e ritenuto, chiediamo, preliminarmente, che sia A.N.A.S. S.p.A. a farsi carico, prima della sottoscrizione dell’atto di concessione, della necessaria bonifica e messa in sicurezza dell’area (ivi compresi soprassuoli e sottoservizi sulla stessa insistenti) o, in alternativa, che la concessione dell’area (fatta salva l’opportuna e necessaria revisione dell’atto de quo) venga estesa per una durata novantanovennale (99 anni). In via subordinata e nel caso di rifiuto dell’A.N.A.S. S.p.A. sulle due precedenti opzioni, chiediamo che l’Ufficio Tecnico, sempre prima della sottoscrizione dell’atto di concessione, proceda con la redazione di un PROGETTO DI FATTIBILITA’ TECNICA CON ANALISI DI COSTI, in modo da prendere cognizione dell’impegno di spesa che l’Amministrazione Comunale sarà chiamata a sostenere per la bonifica e messa in sicurezza dell’area (ivi compresi soprassuoli e sottoservizi sulla stessa insistenti) da destinare a sede intercomunale di PRO.CIV.
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