SCILLA – I 24 indagati per il buco di bilancio al Comune di Scilla stanno ovviamente pensando come difendersi dalle accuse della Procura. Consci che la notifica della conclusione delle indagini preliminari potrebbe essere solo l’inizio di un tunnel giudiziario insidioso, i destinatari degli avvisi di garanzia confidano di poter dimostrare la propria innocenza affidandosi ad avvocati di comprovata competenza. L’umore non può essere certo dei migliori, non potrebbe essere diversamente. Il terremoto dei giorni scorsi pare abbia seminato parecchio scompiglio a palazzo “San Rocco”, come nell’intera cittadina. Politici e funzionari di ieri e di oggi sono finiti nell’occhio del ciclone, perché considerati gli artefici degli ingenti debiti del Comune e della conseguente dichiarazione di dissesto finanziario. La Procura addebita loro i reati di abuso di ufficio e falso ideologico in atto pubblico, contestando l’approvazione di documenti contabili e atti amministrativi artefatti, non veritieri, taroccati. Un danno ingiusto al Comune, che a detta dell’accusa sarebbe stato provocato intenzionalmente. E proprio il Comune parte lesa rappresenta il segno più tangibile di quanto sia delicata la situazione, per certi versi anche paradossale: l’ente, che in un eventuale processo dovrebbe richiedere giustizia, è infatti guidato da colui che è stato il più grande oppositore del dissesto finanziario, Pasqualino Ciccone. E’ cosa notissima l’avversione dell’attuale sindaco, ieri consigliere di minoranza, per la decisione assunta nel 2012 dall’ex giunta Caratozzolo. Pasqualino Ciccone ha ribadito fino allo sfinimento la non necessarietà della dichiarazione di dissesto, pure durante le elezioni amministrative dello scorso maggio. Oggi, però, si ritrova a essere il principale rappresentante (e quindi difensore) di un ente che, stando alla Procura, è stato danneggiato gravemente dell’operato dell’ex amministrazione del fratello (Gaetano Ciccone) e dei funzionari e revisori contabili di allora. Insomma, sembra un contesto non facile quello in cui dovrà muoversi il sindaco: sia perché dovrebbe schierarsi dalla parte di un ente pregiudicato da un buco di bilancio che lui ha sempre sminuito o, perlomeno, che non ha ritenuto “degno” di dissesto o, ancora, che ha ritenuto superabile adottando gli strumenti all’epoca offerti dal Governo; sia per lo stretto coinvolgimento, oltre del fratello Gaetano Ciccone, di alcuni componenti della sua odierna coalizione di governo. E non solo. Un’ulteriore grana è l’avviso di garanzia all’ex vicesindaco e assessore Nino Vita, negli anni passati consigliere nazionale all’interno del Club dei Borghi più Belli d’Italia, e oggi, su delega esterna del sindaco Pasqualino Ciccone, referente per il comune di Scilla in seno al Club. Di sicuro in qualche modo il polverone degli avvisi di garanzia va a colpire un altro comune dello Stretto, visto che nell’elenco degli indagati figura anche il nome di Antonio Calarco: attuale presidente del Consiglio comunale di Campo Calabro e, all’epoca dei fatti contestati dalla Procura, revisore dei conti a Scilla. E intanto Francesco Santacroce si difende affermando di essere indagato solo «per motivi tecnici», essendo allora -come oggi -consigliere di minoranza, ma sempre contrario all’agire dell’amministrazione Ciccone.
Francesca Meduri
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