L’ANGOLO DELLA POESIA. Pat Porpiglia omaggia le donne con “L’8 Marzo”: nei versi anche una denuncia contro abusi, discriminazioni e violenze

7 Marzo 2016
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di PAT PORPIGLIA

L’8 MARZO

Appassiscono le mimose

Sulle catene avvolgenti i fianchi

Di giovani donne inoperose

 dai volti stanchi.

Offensivi omaggi floreali

Alla femminil bellezza

Prigioniera negli harem del deserto.

Inutili regali offerti

Alle madri annegate,

 tra i flutti mossi dai venti di guerra,

stringendo i figli forte al petto.

Tributi d’ipocrisia

Per vergini innocenti

Vendute nei bordelli

Allestiti dal turismo.

Profumi svaniti

Tra i freddi letti

D’inospitali tuguri.

Senza il profumo della  libertà

Effimera è la giustizia

Inesistenti  le pari opportunità

 Dimenticati fiori dell’umanità.

Pat Porpiglia

di PAT PORPIGLIA

La Giornata internazionale della donna (comunemente definita Festa della donna) ricorre l’8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui sono state oggetto e lo sono ancora, in tutte le parti del mondo. Questa celebrazione si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922.

Questa poesia vuole essere:

– un tributo, un riconoscimento a tutte le donne nelle loro varie  accezioni di madri, figlie, mogli, fidanzate per ringraziarle per il loro ruolo incommensurabile svolto all’interno della famiglia e della stessa società.

– una denuncia contro gli abusi, le discriminazioni, le violenze  ancora perpetrate contro queste meravigliose creature, in ogni angolo del globo terrestre, che rendono la vita di un uomo degna d’essere vissuta.

I fiori di mimose che vengono regalate in questa ricorrenza sono apprezzati, viene suggerito nella poesia, se ciò avviene in in’atmosfera serena e tranquilla mentre sono destinate ad appassire se le donne soffrono di una endemica disoccupazione (donne inoperose dai volti stanchi) che impedisce loro di costruirsi una propria identità. Noi tutti sappiamo che un essere umano, uomo o donna, senza un’identità ben precisa è destinato all’isolamento e all’emarginazione.

Questi fiori non sono apprezzati se le donne vengono private della loro libertà diventando un oggetto sessuale (le catene avvolgenti i fianchi,-  rinchiuse negli harem) in un deserto che non vuole essere soltanto ambientale ma anche interiore.

I fiori diventano, in questa ricorrenza, “inutili “ alle madri che annegano con i loro figli incollati al loro petto nelle acque del Mediterraneo, tra i flutti mossi dai “venti di guerra”, nel loro vano tentativo di raggiungere l’Europa, oppure “tributi d’ipocrisia” per le “giovani vergini vendute nei bordelli allestiti dal turismo”.

Le mimose perdono il loro profumo nelle case degli emarginati e dei poveri (inospitali tuguri)  dove non esiste la libertà, la giustizia e le pari opportunità che vengono indicati  nella poesia come i veri fiori di cui ha bisogno l’intera umanità.

 

 

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