SCILLA – La giacca da lavoro sporca, gadget e magliette della memoria, ritagli di articoli di giornale, fotocopie di lettere istituzionali. Mariangela Nasone, vedova di Serafino Sciarrone, l’operaio scillese morto il 26 maggio 2012 nel cantiere di ammodernamento della galleria autostradale (Sa-Rc) Paci, mostra i simboli del sacrificio del marito mentre lancia l’ennesimo accorato appello all’Anas.
Le richieste della donna, rimasta sola con due figli in tenerissima età, sono sempre le stesse: l’intitolazione della galleria Paci nord a “Sarino” e un posto di lavoro per sé. Richieste sulle quali perdura un silenzio assordante, tanto che, stamani, in conferenza stampa nell’aula consiliare di palazzo “San Rocco”, Mariangela sferra un attacco deciso e piccato nei confronti dell’Azienda che gestisce la rete stradale e autostradale nazionale.
Nel mirino della giovane finiscono l’ex presidente Anas Pietro Ciucci e chi, interno all’Azienda, le aveva garantito un’occupazione. Le accuse lasciano poi spazio alla speranza e, in tal senso, Mariangela rilancia le proprie istanze – avallate dall’intera comunità scillese e non solo – confidando nei nuovi vertici Anas.
Prima, però, ripercorre la tragedia che l’ha colpita, la battaglia intrapresa e i bocconi amari ingoiati – ma mai digeriti – ogni qualvolta si è trovata al cospetto di Pietro Ciucci. Ricorda dunque l’incidente sul lavoro costato la vita al 35enne Serafino, e le tante suppliche rimaste inascoltate. Non è servito nemmeno l’intervento delle più alte istituzioni. «Ho più volte sollecitato l’Anas – rammenta Mariangela – affinché a mio marito venisse intitolata la galleria dove perse la vita, ma non ho mai avuto nessuna risposta. Non sono stata la sola a scrivere all’Anas, poiché lo hanno fatto anche due presidenti della Repubblica, l’allora Napolitano e l’attuale Mattarella, e la Prefettura di Reggio Calabria che ha sollecitato l’Anas sia per la richiesta relativa all’intitolazione della galleria sia per un eventuale posto di lavoro da riservarmi presso l’ente».
Niente da fare. E Mariangela sbotta di rabbia e indignazione: «Il silenzio che c’è ancora oggi nei miei confronti – attacca – è a dir poco vergognoso. Lo è stato ancora di più quando alla guida dell’Anas c’era Pietro Ciucci. Mai ho incontrato, in vita mia, un uomo a dir poco privo di sensibilità, freddo e che alla mia domanda “e se fosse stato suo figlio” ha risposto “avrei pianto come lei!”. Quest’uomo è rimasto insensibile alla mia richiesta. Lo scorso anno, in collaborazione con il Comitato comunale “Serafino Sciarrone” istituito il 19 febbraio 2014 – ricorda ancora la vedova Sciarrone – ho raccolto quasi mille firme a sostegno dell’intestazione della galleria Paci a Serafino». Segno che il desiderio di Mariangela è lo stesso dell’intera cittadinanza scillese, rimasta profondamente provata e commossa dalla scomparsa di “Sarino” e dal dramma vissuto dalla famiglia e in particolare dai due figlioletti, per sempre privati dell’amore del padre.
Il Comitato “Serafino Sciarrone” va comunque avanti e conta di fare breccia nel nuovo corso dell’Anas: «Oggi sono a conoscenza che a capo dell’Anas – sottolinea Mariangela – c’è un nuovo presidente, il dott. Gianni Armani. A lui rivolgo il mio appello, pieno di rabbia e di disgusto verso un ente così importante come l’Anas che ha ignorato le mie richieste. Caro presidente – ecco l’appello – io e tutti gli scillesi non ci fermeremo, siamo pronti a gesti ancora più eclatanti come quello di occupare la maledetta autostrada che ha portato via mio marito. Siamo feriti – prosegue la vedova Sciarrone – nell’orgoglio, nella dignità, nella perdita di un ragazzo di questa terra, marito e padre. Voglio sperare che almeno lei – il messaggio per Armani – accolga il mio grido di dolore, il dolore di una giovane vedova, madre di due bambini».
Ed è proprio per i suoi piccoli Francesco (8 anni) e Graziana (5 anni) che Mariangela insiste e ribadisce le proprie richieste: «I miei figli devono crescere con la certezza che il loro “papà eroe” non è stato dimenticato, ma commemorato e riconosciuto vittima sul lavoro. Voglio tenere accesi i riflettori su questa triste vicenda e le assicuro, presidente, che non mi rassegnerò. Troppe promesse non mantenute fin dal primo istante quando, dopo pochi giorni dalla morte di mio marito, un dirigente Anas mi assicurava un posto di lavoro. Inganni, solo inganni. Pertanto, chiedo – conclude la moglie di “Sarino” – l’intestazione della galleria Paci nord a Serafino Sciarrone e un posto di lavoro per me».
Francesca Meduri
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