A conclusione di complesse e serrate indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Direzione Distrettuale Antimafia, nella notte tra il 29 ed il 30 maggio 2016, la Squadra Mobile ha sottoposto, d’iniziativa, a fermo di indiziato di delitto 2 cittadini extracomunitari di origine marocchina e siriana, gravemente indiziati di essere stati al comando di un’imbarcazione sulla quale viaggiavano oltre 400 migranti, di cui 135 sono stati tratti in salvo dalla nave della Marina Militare Vega che è riuscita anche a recuperare 45 salme (di cui 6 uomini, 36 donne e 3 bambini in tenerissima età), del maggior numero di migranti morti in mare durante il drammatico naufragio verificatosi nella mattinata del 27 maggio u.s. in acque internazionali, a circa 36 miglia dalle coste libiche.
Nell’immediatezza dello sbarco la Polizia di Stato – in base alle direttive del magistrato della Procura della Repubblica di Reggio Calabria intervenuto sul posto -, ha iniziato una mirata ed ininterrotta attività investigativa finalizzata ad individuare gli scafisti del barcone affondato e chiunque, con la propria condotta delittuosa, avesse contribuito a procurare illegalmente l’ingresso in Italia di immigrati irregolari causando, altresì, il naufragio nel corso del quale molti di questi ultimi – secondo le dichiarazioni testimoniali rese da alcuni sopravvissuti – sono annegati.
Dalla prima ricostruzione dei fatti effettuata dagli investigatori della Squadra Mobile è emerso che il barcone sul quale viaggiavano i migranti, partito da una località libica nelle prossimità di Sabratha, era oltremodo sovraffollato sia nella stiva che nella parte superiore del natante, caratterizzato da precarie condizioni di navigabilità, vecchio, fatiscente, privo di alcuna dotazione di bordo per l’incolumità dei migranti. Invero, dopo poche ore di navigazioni – secondo il drammatico racconto dei migranti – il barcone ha iniziato ad imbarcare acqua dalla parte inferiore dove si era aperta una falla, rivelatasi tragicamente fatale. Da lì, infatti, è entrata molta acqua e in pochi minuti il natante si è inabissato non lasciando scampo alcuno a molti migranti che erano nella stiva e a quelli che non sapevano nuotare.
Le progressioni investigative hanno permesso di individuare e fermare due degli scafisti che hanno governato il barcone condotto da un sudanese deceduto durante il naufragio. I predetti si sono occupati materialmente della conduzione dell’imbarcazione, della manutenzione dei motori, della distribuzione di pochi viveri ai profughi.
Ai soggetti fermati – individuati in AZRIDAH ABDELFATAH, nato in Marocco in data 01.01.1982 e TORKI OMAR, nato in Siria in data 01.01.1986 – sono stati contestati i seguenti delitti:
A) Il reato di cui all’art. 416, c. 2 e 6, c.p., perché si associavano tra loro ed in concorso con un cittadino sudanese n.m.i., deceduto, nonché con altri soggetti allo stato ignoti, allo scopo di commettere più delitti ed in particolare partecipavano ad un’associazione diretta a commettere il delitto di cui all’art. 12, c. 3 bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
B) Il reato ex artt.. 110 c.p. e 12, c. 3 lett. a), b), c) e d), 3 bis e 3 ter, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, perché, in concorso tra loro ed in concorso con un cittadino sudanese n.m.i., deceduto, in violazione delle norme del testo unico immigrazione, effettuava il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato e comunque ne procurava illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato.
Con le aggravanti: di aver commesso il fatto cagionando l’ingresso e comunque la permanenza nel territorio dello Stato di più di cinque persone ed in particolare di n. 133; di aver esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità per procurarne l’ingresso e comunque la permanenza illegale (pericolo che si concretizzava con la morte di centinaia di persone); di aver sottoposto le persone trasportate a trattamento inumano e/o degradante per procurarne l’ingresso e comunque la permanenza illegale (facendoli rimanere stipati in uno spazio molto angusto, con pochissima acqua e cibo); di aver commesso il fatto in concorso tra tre o più persone e di aver commesso il fatto a fine di profitto (anche indiretto, consistito dal non aver pagato il viaggio).
C) Il reato previsto dagli artt. 61, n. 3, 110 c.p. e 449, c.p., perché, in concorso tra loro e con un cittadino sudanese n.m.i., deceduto, cagionavano per colpa, consistita nel sovraccaricare un’imbarcazione oltre il limite massimo tollerabile e senza essersi previamente assicurati delle condizioni di manutenzione della stessa, un naufragio e comunque la sommersione di una nave. Con l’aggravante di avere agito nonostante la previsione dell’evento.
I medesimi, inoltre, sono stati deferiti alla locale Autorità Giudiziaria per il reato previsto e punito dal combinato disposto degli artt. 61, comma 11 quinquies, 110 c.p. e 586 c.p., atteso che i medesimi, in concorso tra loro e con un cittadino sudanese n.m.i., deceduto, cagionavano la morte di n. 45 persone, come conseguenza non voluta dei delitti dolosi di associazione per delinquere e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Con l’aggravante di aver commesso il fatto alla presenza e comunque in danno di minori degli anni diciotto e in danno di persone in stato di gravidanza.
Le salme giunte nel porto di Reggio Calabria sono state prelevate dal ponte della nave “Vega” della Marina Militare Italiana e traslate all’interno di un mezzo speciale refrigerato del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana. Le operazioni – iniziate alle ore 17.00 e concluse alle ore 19.30 di ieri 29 maggio 2016 – sono state curate dai Vigili del Fuoco di Reggio Calabria con l’impiego di un’autoscala che ha consentito di riporre i corpi dei migranti in una lettiga e trasferirli, tramite imbragature, all’interno del mezzo speciale della C.R.I., avvolti da un telo speciale.
La Squadra Mobile effettuerà mirati accertamenti al fine di procedere al riconoscimento delle salme cge saranno sottoposte ad esame necroscopico da parte dei medici legali con l’ausilio del personale del Gabinetto Regionale di polizia Scientifica di Reggio Calabria.
Proseguono le indagini per l’identificazione degli organizzatori, dei finanziatori e degli altri complici del traffico di esseri umani.
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