BAGNARA CALABRA – «L’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi del Comune è stata chiaramente dimostrata».
Così il Tar del Lazio stronca il ricorso di alcuni ex amministratori comunali per l’annullamento del decreto del 14 aprile 2015 con il quale il presidente della Repubblica disponeva lo scioglimento del consiglio comunale di Bagnara Calabra, con conseguente nomina di una commissione straordinaria per la gestione provvisoria dell’ente, su proposta del Ministro dell’Interno.
La sentenza è stata depositata il 7 giugno 2016, a poco più di un mese dalla decisione presa in camera di consiglio dai magistrati Carmine Volpe (presidente), Raffaello Sestini (consigliere, estensore), Rosa Perna (consigliere).
Il collegio giudicante ha dunque respinto le tesi degli avvocati Lorenzo Gatto e Loredana Scarfò, difensori dei ricorrenti, e premiato le parti costituitesi in giudizio: la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’interno, l’Ufficio territoriale del Governo-Prefettura di Reggio Calabria, il Comune di Bagnara Calabra, in persona della Commissione straordinaria.
Parti che si sono presentate al cospetto della Sezione Prima del Tribunale amministrativo regionale del Lazio mediante «memorie che, dopo una puntuale ricostruzione dei fatti di causa e del quadro normativo di riferimento, hanno esposto le ragioni che inducono a concludere per l’infondatezza del ricorso».
Bocciando il ricorso promosso dall’ex sindaco Cesare Zappia, la giustizia amministrativa fa leva sul lavoro degli “007” prefettizi che avevano passato al setaccio l’attività della giunta bagnarese. «La relazione del Ministro dell’interno al Presidente della Repubblica – recita la sentenza del Tar – trova supporto nella relazione redatta dalla Commissione di indagine costituita con atto prefettizio del 12 giugno 2014, nella quale si fa riferimento alla continua ingerenza della criminalità organizzata all’interno del Comune di Bagnara. Si fa ancora riferimento ad un territorio caratterizzato da atti intimidatori indirizzati ad esponenti dell’Amministrazione locale, a collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità di tipo mafioso e a forme di condizionamento degli stessi, in essi ravvisando i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale. Elementi di supporto per le conclusioni rassegnate dalla commissione di indagine – si legge ancora nel provvedimento del Tar – sono inoltre state due operazioni di polizia giudiziaria, una denominata Arca e l’altra Xenipolis. In particolare, ad avviso della commissione le operazioni della polizia giudiziaria avrebbero evidenziato stretti rapporti intercorrenti fra alcuni amministratori locali (compreso il sindaco), esponenti della cosca predominante e imprenditori del posto».
Pertanto, ritiene il collegio del Tar, il peso della criminalità sulle decisioni di palazzo “San Nicola” è stato palesemente comprovato da detta relazione, «nella quale – recita altresì la sentenza – è stata anche rappresentata una serie di vicende che dimostra in modo obiettivo l’esistenza di un condizionamento di tipo ambientale derivante dall’accertata presenza di pericolose cosche mafiose, in grado di compromettere la libera determinazione degli organi elettivi».
E il giudizio è negativo pure in ordine all’intervenuta sentenza del Tribunale di Palmi depositata dai difensori dei ricorrenti: «In quanto le assoluzioni penali in parola – spiegano i magistrati del Tar – non riguardano direttamente i fatti oggetto della relazione della Commissione d’indagine, ma fatti ad essi estranei o episodi ad essi solo marginalmente connessi».
Insomma, una decisione in aperta contraddizione con quella presa nei giorni scorsi dal Tribunale di Reggio Calabria che ha riconosciuto la possibilità di candidarsi agli ex amministratori di Bagnara Calabra. fra.me.
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