“L’estate sta finendo” recitava il ritornello di una canzone estiva di qualche anno fa, certo una stagione che muore genera tristezza, come tutte le cose liete che finiscono ma l’estate che se va porta anche qualche vantaggio, finalmente i litorali si liberano degli inutili “orpelli” degli uomini. Via palmeti finti, cabine, gazebo e quant’altro, solo lunghe distese di arenile, dove si può rigodere della “voce” del mare. E’ stupendo sonnecchiare sulla battigia cullati dallo sciabordio delle onde, mentre il profumo della brezza marina ti avviluppa i sensi. Anche i gabbiani fanno festa, inseguendo garruli i delfini che tornano a danzare indisturbati tra le onde.
Tra i luoghi da salvaguardare nel territorio reggino ci sono senza ombra di dubbio i magnifici litorali. Cito solo alcune spiagge tra quelle a me più care perché legate a ricordi della mia vita: le spiagge di Marina Grande di Scilla, di Chianalea, della Costa Viola, di Cannitello e del tratto di spiaggia in località Bolano.
La mia frequentazione di queste spiagge inizia negli anni “70, quando io, sicula, dai litorali della mia natia Catania sono approdata per amore su queste spiagge, allora così magnificamente naif. Ricordo che ci stendevamo, io e mio marito, sui ciottoli di Marina Grande, come lucertole al sole e quando il mare diventava di trasparente zaffiro prendevamo l’ultimo bagno. Della Costa Viola ricordo le nuotate al sorgere del sole, quando l’acqua è cristallina e all’imbrunire, quando mi attardavo volutamente a cogliere l’ultimo raggio di sole che si spegneva sul mare. Il litorale di Cannitello, compreso tra la Chiesa Matrice e la piazzetta, oggi adornata dalla statua del farirotu (avvistatore) sul Luntri (antica barca per la pesca del pescespada utilizzata nello Stretto), ci vedeva tornare bambini: con mio marito e una coppia di cari amici, entravamo in acqua all’altezza della rotonda, davanti alla chiesa e ci lasciavamo trasportare dalla corrente, poi, impossibilitati a ritornare a nuoto, risalivamo in strada, in costume e a piedi scalzi e ci rituffavamo in acqua, ricominciando tutto d’accapo. Bolano, invece, era la meta delle sere d’estate, quando c’era ancora la strada che costeggiava lo scalo ferroviario e la piazzetta in fondo consentiva ai figli piccoli di scorazzare in bici in sicurezza e indisturbati mentre noi adulti “prendevamo il fresco” conversando. Qui, allora, l’acqua era sempre gelida, adatta solo a pochi temerari, noi eravamo tra quelli, quanti bagni polari! Poi, il mare ha inghiottito la spiaggia, i canneti che vi fiorivano e persino la strada, ingoiando anche tratti del muro di confine della ferrovia e demolendo in parte la vasca di lavaggio e spremitura e il fabbricato adiacente di una vecchia azienda di lavorazione di agrumi, credo, di cui rimane solo un rudere ancora coperto da lastre di eternit. Quel che rimaneva della strada adiacente il dopolavoro ferroviario ha consentito per anni l’accesso facilitato, con relativo parcheggio ai frequentatori di quel litorale. Così, famiglie con bambini piccoli, persone con problemi di deambulazione, hanno trovato un comodo approdo che consente l’arrivo dei mezzi in prossimità della spiaggia. Il pezzo di spiaggia in questione è un’oasi che andrebbe salvaguardata, in primis dai comuni di Villa San Giovanni e di Reggio, ricadendo il tratto sotto la giurisdizione di entrambi i Comuni. Si dovrebbe provvedere a rimuovere l’eternit presente, mettere dei cesti per cartacce e roba varia e curarsi di venirli a svuotare, ripulire e rendere agibili i passaggi sotto i ponti della ferrovia, in particolare vedi quello che porta al circolo velico, ridotto ad un pantano impraticabile. Inoltre i bagnanti occasionali e non, e quei cittadini incivili che sporcano senza ritegno dovrebbero semplicemente ricordarsi che la “cosa comune “ è un bene di tutti che va curato nel rispetto di noi stessi, evitando di trasformare il tutto in una discarica dove portiamo poi i nostri bambini. Cerchiamo di ricordarcelo, anche adesso che arriva l’inverno, non lasciamo che il mare faccia da spazzino, tanto poi ce lo restituisce.
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