REGGIO CALABRIA – Ci sono persone che, per bontà, bravura e onestà, dalla vita avrebbero dovuto avere tutto, ma che invece hanno dovuto sempre lottare ad armi impari contro – sì, contro – una società che troppo spesso considera scomode le anime libere e intelligenti. Ci sono giornalisti talmente bravi, competenti e appassionati che meriterebbero una grande attenzione, la giusta considerazione e un sano successo. E che, invece, oltre a dover lottare per mettere assieme il pranzo e la cena, o quantomeno un pasto al giorno, l’unica cosa che trovano sono porte in faccia e persecuzioni.
È una storia triste e amara, quella della collega Daniela Pellicanò, che ci ha lasciato oggi in punta di piedi, con il silenzio proprio delladignità che distingue, nel più nobile dei sentimenti, le persone buone e vere. Quelle persone che spesso si preoccupano di non condividere con gli altri le proprie difficoltà, per timore di caricare il prossimo di ulteriori problemi.
Daniela Pellicanò è morta agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, dove era ricoverata da tre giorni, per un arresto cardiaco sopraggiunto su un corpo fortemente debilitato da problemi intestinali che gli impedivano di assimilare gli alimenti. Nella sua vita, ricca di virtù, ma avara di gratificazioni, Daniela ha sempre diviso con gli altri quel poco che riusciva a mettere assieme.
Dal novembre 2014 era presidente del Collegio dei Revisori dei Conti del Sindacato Giornalisti della Calabria e, in questi anni, non ha mai fatto mancare il suo apporto alla battaglia per l’affermazione dei valori che stanno alla base della professione giornalistica, a cominciare dalla dignità e dal rispetto per il lavoro che, in quanto tale, deve essere adeguatamente retribuito.
Daniela lascia un grande vuoto nel Sindacato Giornalisti della Calabria, che l’aveva eletta in quel ruolo con grande consenso e simpatia (prima tra i revisori e quarta in assoluto) ed è a lei che, non a caso e tutte le volte possibili, affidava delicati incarichi di responsabilità.
Nata a Reggio Calabria il 24 marzo 1964, Daniela Pellicanò era giornalista pubblicista iscritta all’Ordine della Calabria dal 21 febbraio 2004. Ha collaborato con i quotidiani Il Domani della Calabria e Il Domani di Bologna ed i periodici Calabria 7, laltrareggio e Lettere Meridiane.
Tanti servizi curati con scrupolo maniacale, da vera giornalista, ma purtroppo in testate chiuse nel volgere di poco tempo o in grave difficoltà economiche. Il primo (e purtroppo unico) contratto da giornalista, con tanto di contributi Inpgi e assistenza Casagit, lo aveva avuto nel maggio 2007 quando, con il supporto del Sindacato Giornalisti della Calabria, aveva trovato nell’editore della testata on line Qui Calabria un interlocutore sensibile che, nell’assumerla come direttore, non aveva esitato un istante ad applicarle il contratto Fnsi-Fieg, piuttosto che il “co.co.co. mascherato”, che in molti continuano ad applicare approfittando dello stato di bisogno, ma anche della complicità di tanti colleghi. Un’esperienza gratificante, ma breve perché durata appena un anno, pertanto insufficiente persino a garantirle l’ossigeno del trattamento biennale di disoccupazione.
Di nuovo freelance, si è ritrovata a fare i conti con i problemi che spingono tanti bravi giornalisti a rimboccarsi le maniche per tirare la carretta. Lezioni private, commessa in una libreria, tuttofare in una casa editrice. Esperienze esaltanti, ma, ancora una volta, brevi, come quasi tutte le sane attività imprenditoriali avviate a queste latitudini. Sembra un paradosso, ma di cultura, purtroppo, nella culla della Magna Graecia quasi nessuno riesce a vivere.
Autrice di diversi libri, tra cui “Uno sparo in caserma” (Città del Sole Edizioni), che racconta la storia del maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo, suicidatosi il 4 marzo del 1995 nella caserma Bonsignore di Palermo lasciando una lettera con su scritto “Il sospetto e la delegittimazione, in Sicilia, sono sempre stati l’anticamera della soppressione fisica”, e “Colpito. La vera storia di Tiberio Bentivoglio” (Libera edizioni), una sorta di diario – con la prefazione di don Luigi Ciotti – che “racconta come si distrugge una vita quando diventa un affare di ‘ndrangheta mentre lo Stato, come un mammut gigantesco, sonnecchia in lontananza”.
Due libri-inchiesta sulla mafia e la ’ndrangheta che, per gli strascichi giudiziari legati alle querele ricevute, hanno per lungo tempo tolto il sonno a Daniela che, alla fine del 2015, difesa dall’avv. Rosario Errante dell’Ufficio Legale del Sindacato Giornalisti della Calabria, ha avuto però la soddisfazione di veder disporre dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria l’archiviazione della querela per diffamazione sporta da don Nuccio Cannizzaro, parroco di Reggio Calabria, perché “il diritto di cronaca priva di antigiuridicità il fatto diffamatorio se la notizia offensiva dell’altrui reputazione è vera, descritta con continenza espressiva e di rilievo sociale”. E ancora: “la libertà di manifestare il proprio pensiero consente di divulgare, con continenza espressiva, fatti veri e di rilievo sociale, accompagnandoli con proprie personali valutazioni, nel legittimo esercizio del diritto di critica”.
Daniela Pellicanò vogliamo ricordarla così. Con questo breve ricordo e con questa foto, la stessa usata per la sua tessera professionale. Con il volto pulito e lo sguardo profondo di una grande persona che riusciva a vestire con eleganza e dignità il doloroso tormento della propria esistenza. Ci mancherai molto, Daniela cara. Ci mancherai tanto.
I funerali di Daniela Pellicanò saranno celebrati a Reggio Calabria, domani, martedì 2 maggio, alle ore 17 nella Chiesa degli Ottimati, in piazza Castello. Al figlio Tiziano il più sincero abbraccio dei colleghi che hanno sempre voluto bene alla sua mamma. (giornalistitalia.it)
Carlo Parisi
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