CAMPO C. Il caso dei candidati controindicati, Mimmo Idone insiste: «Urge una risposta del Prefetto»

18 Luglio 2017
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di CONSOLATA MAESANO

CAMPO CALABRO – Nel corso del consiglio comunale del 13 luglio, l’ex sindaco nonché consigliere di minoranza Domenico Idone ha espresso nuovamente- come nella precedente assise- le proprie preoccupazioni in merito alle dichiarazioni del prefetto reggino  Michele Di Bari, che aveva segnalato ombre mafiose e controindicazioni per molti candidati, anche a Campo Calabro.

«Non possiamo far finta che non sia accaduto nulla. Esternare delle riflessioni in merito è un’esigenza di democrazia, di trasparenza, di civiltà» ha dichiarato Idone, definendo l’accaduto «un fatto grave, gravissimo, un vero allarme sociale per gli autentici democratici». L’ex primo cittadino ha chiesto un intervento immediato:  «Urge una risposta del Prefetto: che il sindaco vada a chiederla, che il sindaco vada a porre una serie di domande: perché Campo Calabro è stato inserito in questa lista di comuni? Sulla base di quali parametri? Questo bombardamento mediatico, questa sua tempestività sono stati fisiologici o meno? Le elezioni sono state condizionate da questo fatto? C’è stata strumentalizzazione? Se non basta rivolgersi al prefetto, si vada anche dalla presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi o dal ministero degli interni Marco Minniti».

Secca la replica del sindaco Sandro Repaci, che non condivide la visione del predecessore Idone sulla vicenda. A partire dall’esito elettorale:  «Le elezioni non sono state assolutamente invalidate o influenzate: l’affluenza è stata molto alta. Il fatto non va valutato dentro la polemica politica». Bocciato anche il modus operandi proposto, giudicato inappropriato:  «Per me i prefetti sono funzionari, la commissione antimafia è un organo permanente del Senato e il Ministro degli interni è un rappresentante del Governo: questi tre organi lavorano sulla base di informazioni che affluiscono dall’attività giudiziaria, di dati procurati per legge e non certo sulla base di pettegolezzi. Questo è il loro compito: il nostro, invece è quello di governare e onestamente non vedo un dovere di interlocuzione. Non credo neanche che sia in gioco il nome della comunità, semmai il nostro comportamento. Quindi, non riteniamo vadano promossi incontri o contrasti rispetto a queste domande. C’è il massimo rispetto per ogni parte dello Stato, per cui il consiglio non andrà a fare domande».

Sull’episodio si è espresso anche Antonino Scopelliti, predecessore di Idone e attuale consigliere di minoranza per la lista “Per amore di Calabro”, sottolineando una precedente alle dichiarazioni del prefetto: «Vorrei ricordare una pagina buia della storia recente campese: la commissione d’accesso antimafia. Ricordo ciò in quanto non vorrei che l’origine delle dichiarazioni di Michele di Bari parta da lontano». La commissione- tra il 2013 e il 2014, durante il precedente governo Idone- si insediò al comune per oltre sei mesi, durante i quali operò dettagliate verifiche che ebbero comunque esito positivo, confermando dunque la corretta e legale gestione amministrativa comunale. «Tuttavia»  prosegue Scopelliti «non accetto che si parli di silenzio attorno alla questione: io ne ho parlato in piazza durante il periodo elettorale. Detto ciò, io mi occupo di politica e ciascuno ha il suo ruolo. Se è utile fare chiarezza ci sono tanti canali politici. Non ho preoccupazioni e vorrei ricordare che il discredito non è stato gettato su questa comunità. Non vorrei neanche che questo tema divenisse prioritario rispetto alle cose rilevanti».

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