Campo Calabro non dimentica il suo “Ninuzzo”, così come era affettuosamente chiamato dai concittadini il compianto magistrato Antonino Scopelliti, brutalmente assassinato dalla criminalità organizzata ventisei anni fa. E proprio in occasione del suo anniversario di morte, l’amministrazione comunale campese ha promosso la tavola rotonda “Per non dimenticare”, svoltasi ieri sera presso una piazza Martiri di Nassirya colma di gente. La serata, moderata dalla giornalista Giusy Caminiti, ha registrato la partecipazione del Procuratore della Repubblica del Tribunale di Firenze Giuseppe Creazzo e si è aperta coi saluti istituzionali del sindaco Sandro Repaci: «Questa serata dev’essere una testimonianza, che è anche un impegno civile: vogliamo riscattare la memoria di Scopelliti e soprattutto vogliamo riaffermare i valori che gli sono costati la vita. È questo lo sforzo della comunità, la sfida che ha accettato attraverso la propria presenza».
I lavori, intervallati dagli interventi musicali del professor Claudio Bagnato, sono dunque iniziati con una riflessione antropologica del magistrato Creazzo: «La differenza tra i meridionali e gli abitanti di altre realtà italiane sta nel fatto che noi abbiamo molta meno consapevolezza del nostro essere cittadini. Non abbiamo nulla da invidiare a livello di cultura e di intelligenza, eppure non sappiamo fare squadra e non sappiamo andare oltre gli stereotipi. Siamo anche quelli che si dimenticano dei propri eroi: Scopelliti è stato oscurato per lustri, anche dal suo paese d’origine. Finalmente stasera c’è una manifestazione degna di tale nome, partecipata. Solo recentemente, nel 2012, gli è stata intitolata l’aula bunker del tribunale di Palmi. Scopelliti è stato ucciso col concorso di conterranei, di calabresi e di siciliani. Ma mentre questi ultimi si sono ribellati dopo le stragi, i primi non lo hanno fatto, come loro consuetudine atavica. I calabresi hanno un’inclinazione all’oblio e ad abbassare la testa, mentre sarebbe proprio ora di alzarla».
Creazzo ha altresì ricordato quelle calde e disperate mattine d’agosto di ventisei anni fa, quando si iniziavano a mettere insieme i pezzi del puzzle: «Il giorno dopo l’omicidio di Antonino Scopelliti, Giovanni Falcone incontrò i colleghi presso la corte d’appello di Reggio Calabria e spiegò chiaramente il motivo dell’assassinio. Disse che la strage era stata ordinata da Cosa Nostra, per intimidire la Cassazione in vista del maxi processo, nel quale appunto Scopelliti avrebbe dovuto rappresentare la pubblica accusa».
Ospite della serata anche un’emozionata Rosanna Scopelliti, figlia del compianto magistrato. La giovane, attualmente deputata, ha segnalato uno scenario anomalo e colluso: «Dalle inchieste sono emerse zone d’ombra che fanno rabbrividire, che palesano un connubio tra mafia, massonerie, politica e istituzioni marce». Ma non tutto è statico o- peggio- perduto: «Voglio lanciare un appello ai magistrati affinché vadano avanti. E mi rivolgo anche alla classe politica, affinché sia più coraggiosa, si ripulisca dall’interno e elimini la parte cattiva. Lo faccia con la buona politica: quella che dà l’esempio, quella che appartiene ai giovani. Quella che esiste, perché è sbagliato generalizzare, quella che appartiene a tutti e che è coraggiosa, altrimenti perde la vicinanza coi cittadini». Infine, un pensiero al papà: «La presenza di mio padre si è sentita tantissimo stasera. Egli era libero, onesto e coraggioso e lo siamo anche noi, non bisogna avere paura della denuncia e della pulizia. Negli anni, questa tappa campese mi è sempre mancata, sia come figlia che come calabrese. Papà voleva sempre tornare a Campo, tra la sua gente».
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