Dal Niguarda al Tiberio Evoli: se la speranza di un malato oncologico approda ad un piccolo ospedale del Sud…

31 Agosto 2017
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Dei viaggi… e della speranza approdata ad un piccolo ospedale del Sud

La nostra storia inizia un anno fa, quando un medico, amico carissimo, ci consegna, desolato, un bollettino di guerra: “cancro gastrico avanzato”.

Iniziano così i viaggi , che ci accomunano a mille altri viaggiatori strani , avidi di speranze, vacanzieri spossati, in cerca di salute.

Da Reggio Calabria a Milano, con voli a dir poco pindarici .

La splendida realtà del Niguarda, dove ogni persona, ogni medico, operatore sanitario e finanche gli spazi e la luce delle volte a cielo aperto, i moderni e splendenti graniti, fanno di tutto per alleviarti le pene del corpo ed il peso dell’anima.

Da Milano a Reggio Calabria, decine di volte, su l’unico treno diurno a due tratte, la seconda, che porta a Reggio, tra polvere e muffa, su sedili consunti, scarti di un sistema dei trasporti che, come altri, ha dimenticato il Sud.

La malattia che non molla, ci costringe ad ulteriori sofferenze.

E noi le sfidiamo, imperterriti, con la forza di chi grida la gioia di vivere con tre splendidi figli ed amori dappertutto, intorno, a corona.

Il grande medico del Nord, che encomia, con grande generosità, colleghi del Sud per “l’ineccepibile diagnosi” e che al Sud ci rimanda a proseguire protocolli di cure d’avanguardia.

Realista e paterno, sensibile compagno di viaggio, vero “buon padre di famiglia, consapevole, comprendendo la fatica di Vincenzo per la malattia.

E’ certo e sereno il prof . Siena, luminare indiscusso dell’oncologia, che le mani di quei colleghi proseguiranno al meglio l’opera già intrapresa.

E così giungiamo, affidati, al secondo approdo, Melito Porto Salvo, ospedale di provincia che decenni d inerzia ed incapacità politiche, lungi anni luce dal fine primo di servizio alla collettività, vorrebbero relegare all’angolo. E’ bella la facciata dell’ospedale di Melito, così classicheggiante, emblema vivo di un passato di sanità e medici illuminati, di una cultura estetica raffinata anche nell’ edilizia e nei dettagli architettonici.

E’ bello l’ospedale di Melito, nel presentarci all’ingresso, una  storica barella su carro, trainato da cavallo, nell’emblema nobile dell’ uomo che conduce il suo fratello sofferente, tra mille stenti e difficoltà. E quelle targhe storiche di travertino lungo i corridoi, così diversi dagli sfarzi meneghini eppure così significative…

E quei corridoi, così densi di storia, ci conducono al terzo approdo: la Divisione di oncologia medica. Entriamo in punta di piedi, facilmente, così abituati ai labirinti di Milano. Ed ecco, ad attenderci il Responsabile Medico di unità operativa: il dr. Antonino Iaria, fraterno amico di decenni, già circondato, come miele tra le api, da un nuvolo di pazienti .

Nino che ha raccolto, con serena professionalità, competenza ed afflato semplice, il grave testimone affidatogli dal prof. Salvatore Siena.

Un medico che quotidianamente, con i suoi colleghi e collaboratori, come tanti nella nostra realtà, opera tra mille difficoltà economiche, burocratiche, strutturali.

Così diverse Melito e Milano eppure così simili nel pathos che accomuna i loro professionisti.

Ed è per questo pathos che la tensione di noi, malati e parenti, si scioglie, come burro, naturalmente. L’accoglienza ed il sorriso sono evidentemente di casa in questa bomboniera calabrese, come il fresco dell’ igiene.

Analogamente, ancor più da medico, non posso non notare il rigore scientifico e la competenza professionale di tutti gli operatori. Oltre al dr Iaria, il dr Pasquale De Stefano, esperti ed assai aggiornati oncologi,   i preziosi infermieri professionali Sig.ri Nino, Rita, Claudio e Francesca. Menti e mani esperte e sicure, gesti pacati ed insieme fermi su procedure delicate. La costante ed attenta vigilanza del paziente e delle sue condizioni, il monitoraggio pedissequo delle terapie su ogni target previsto, ed insieme la musica, le parole ed i gesti delicati verso tutti ed ognuno. La parola che assiste l’opera medicale. Senza fronzoli, senza enfasi, senza sfarzo e senza risparmio di risorsa alcuna utile alla salute. Per il malato oncologico, che in se è complesso tutto ciò asse un significato ancora più forte.

Milano così positivamente simile a Melito, nella presa in carico amorevole ed adeguata, del sofferente e di chi lo assiste.

Io sono qui, con mio marito, Vincenzo Nucara, malato oncologico, a dire il sereno orgoglio di un viaggio che continua, un viaggio che accomuna il nord al sud, che ci riaccompagna alla nostra terra, con speranza e con fede in Dio e nella scienza medica.

Quella scienza che accomuna, Vivaddio, gli uomini di buona volontà, professionisti così simili e vicini, di stampo internazionale nelle Cattedrali della Medicina più illuminata, a quelli delle indefesse chiese di provincia. Quelli che operano anche nella mia terra, la Calabria , offesa e martoriata delle ingiustizie eppure così feconda.

Questa terra, generosa e bella, che dovrebbe smettere di avere bisogno di eroi!  

Pensino i nostri politici ad operare in nome e per conto della nobiltà di essere stati eletti da un popolo che ha uguale dignità ad ogni latitudine. Soprattutto nei diritti essenziali!

Questo viaggio, come la nostra vita di ogni giorno e l’esperienza maturata, continueranno ad insegnarci che i medici e gli operatori sanitari, come ogni uomo di buona volontà, questa nobiltà ed onore conoscono da sempre, a tutte le latitudini.

E la spendono nel più amorevole dei servigi: verso il proprio fratello, nella fragilità della malattia.

Sonia Lucia Romeo Nucara

 

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