CAMPO CALABRO – “Dal bullismo al cyberbullismo – strategie d’intervento utili per arginare comportamenti a rischio”. È il titolo del convegno tenutosi nell’ultimo venerdì pomeriggio presso la sala polifunzionale di Campo Calabro .
L’incontro, moderato dall’insegnante Maria Calabrò, ha spaziato il fenomeno del bullismo sotto i vari punti di vista dei relatori presenti. A prendere parola per primo è stato il sindaco Sandro Repaci, che ha ribadito l’importanza di ulteriori riflessioni sul tema oltre che un dialogo fra istituzioni e giovani, ponendo come esempio pratico ai presenti l’episodio avvenuto in quel di Lucca che ha reso un professore vittima di bullismo da parte di un alunno.
A ribadire l’importanza di ulteriori approfondimenti al fine di conoscerne una risposta è stata anche la presidente regionale del C.I.F. Angela Laganà, la quale ha asserito quanto sia importante «abitare il proprio tempo per conoscere il fenomeno».
Intervento complesso è stato quello della psicologa comportamentale Isabella Ripepi, la quale ha illustrato ai presenti la differenza tra aggressione e bullismo, specificando che quest’ultimo è costituito da tre variabili: intenzionalità, asimmetria tra bullo e attacchi reiterati nel tempo, presentando soggetti quali bulli, vittime e spettatori (attivi o passivi) e da fattori ambientali quali scuola, famiglia e società, quest’ultima avente un ruolo fondamentale nel processo d’apprendimento dei ragazzi in quanto modello teorico comportamentale, secondo quanto stabilito nel 1973 dalla “teoria dell’apprendimento sociale” del comportamentista Albert Bandura. Inoltre, la psicologa si è espressa in merito al cyberbullismo, ritenendo fondamentale il rinforzo che può avere nel cyberbullo la disinibizione dovuta al celarsi nello schermo oltre che la funzione del “mi piace”, in quanto quest’ultimo è un consenso positivo su un qualunque post.
Sempre in materia di cyberbullismo s’è espressa la criminologa Anna Curcuruto, specializzatasi in materia di Social Media in concomitanza allo sviluppo delle ICT, che ha spiegato l’origine di comportamenti devianti dovuti all’esigua capacità dei genitori di dire di no ai propri figli e ad essere costretti ad argomentare spesso i loro “no”. Inoltre, la Curcuruto ha sostenuto proprio che internet ha comportato un elevato processo di de-umanizzazione dovuto alla possibilità del cyberbullo di agire in anonimato, processo incentivato da chi mette per l’appunto “mi piace” nei post denigratori: infatti, la dottoressa ha narrato ai presenti la tragica storia di Carolina Picchio (sulla quale nasce l’odierna l. 71/2017), spinta al suicidio da 2600 mi piace che l’hanno colpevolizzata ingiustamente di essere una poco di buono.
Successivamente, s’è pronunciata la neuropsichiatra e psicoterapeuta Vanni Campolo, la quale ha affermato che il cyberbullismo e il bullismo nelle scuole, come la droga due ventenni fa, sono dei «fenomeni che ci raggiungono impreparati», in quanto hanno trovato nel periodo sociale confuso un humus fertile. Inoltre, la neuropsichiatra si è soffermata sulla dipendenza delle ICT, spiegando che «non serve togliere lo strumento, ma governarlo», e sul bullismo in quanto disturbo comportamentale, asserendo che il bullo non va emarginato, ma va curato come ogni individuo disturbato.
All’incontro erano assenti la dirigente dell’istituto comprensivo “Campo Calabro – San Roberto” Maria Rosa Monterosso e la docente del medesimo istituto Palmira Bova, le quali sono state sostituite dalla vice-dirigente Rosalba Mirabella e dall’allieva Fabiana Violante, che con delega della professoressa Bova ha illustrato la presenza del bullismo già in tempi remoti nella letteratura e che nell’istituto è stata avviata un’indagine conoscitiva circa il fenomeno attraverso la somministrazione del questionario “Tabby”.
Ulteriori voci in capitolo le hanno avute l’antropologa Maria Pascuzzi, che ha fatto “outing” ammettendo di essere stata una bulla in passato, ritenendo che era il contesto sociale in cui lei viveva ad imporle ciò, la capogruppo AGESCI Katia Sergi, che ha ribadito la necessità di dover «leggere la realtà e trasformarla in progetti» per contrastare il bullismo e, infine, il sacerdote Francesco Megale, il quale ha ritenuto che il male della società è dovuto «in principio, alla negazione dell’anima da parte della persona, che non riesce più a vivere il valore della famiglia, della chiesa e dell’istruzione, né tantomeno è capace d’amare a causa della sostituzione della relazione alla chat».
La manifestazione si è conclusa con una poesia sul bullismo, scritta dalla poetessa campese Francesca Arecchi.
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