Scilla. Tar conferma scioglimento per mafia, l’amarezza dell’ex sindaco Ciccone

29 Maggio 2019
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SCILLA – Vinta, negli scorsi mesi, la causa sulla proposta di incandidabilità l’ex sindaco Pasqualino Ciccone non può invece esultare per il verdetto della giustizia sul ricorso contro lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale di Scilla. È lui stesso a dare notizia della sentenza del Tar di Roma, in virtù della quale i commissari restano alla guida di palazzo San Rocco. Di seguito l’intervento di Ciccone sulla pagina facebook “Pasqualino Ciccone Sindaco”:

Desiderio comunicare al Paese che purtroppo il TAR Roma ha respinto il ricorso proposto dalla mia amministrazione avverso il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Scilla. 
Premesso che le sentenze vanno rispettate, rimane comunque lo sconcerto per le motivazioni addotte. 
Sebbene il TAR sostanzialmente concordi con il tribunale di Reggio Calabria nel ritenere che il sottoscritto non sia coinvolto con ambienti malavitosi ha però ritenuto dirimenti 4 fatti: 
1) avere affidato un lavoro di pulizia di cantiere di euro duemila ad un’impresa del paese il cui rappresentante legale ha il padre gravato da precedenti giudiziari ed aver affidato altri due lavori ad altre due imprese risultate irregolari successivamente agli affidamenti;
2) non avere demolito gli immobili abusivi e “tale situazione, a parere del Collegio, non si spiega se non con il fatto che i dipendenti dell’ufficio Tecnico possono essere contigui alla criminalità organizzata ovvero semplicemente refrattari, per timore, a porre in essere gli atti d’ufficio necessari; il che in entrambi i casi segnala una situazione di condizionamento”;
3) avere l’ente comunale un debito tributario a fine 2016 di €. 1.500.000,00 a fronte di iscrizioni a ruolo inesistente. Ciò non è veritiero perché al nostro insediamento i debiti tributari erano maggiori e migliaia di cittadini scillesi in quegli anni si sono visti recapitare avviso di pagamento;
4) secondo il Collegio risultano “18 concessioni balneari e turistico-ricreative assegnate a soggetti aventi rapporti di parentela con soggetti pregiudicati o coinvolti in vicende giudiziarie di associazione per delinquere di stampo mafioso”.

Di fatto ciò significa che le colpe dell’amministrazione Ciccone sono state: aver affidato lavori di poche migliaia di euro a ditte che al momento dell’affidamento erano in regola, non aver demolito le case abusive dei nostri concittadini, aver rinnovato 18 concessioni demaniali, peraltro già esistenti, ad aziende del paese ritenute dalla commissione vicine alle consorterie mafiose ed aver fatto pagare i tributi alla gente, riducendo il debito dei contribuenti.

Per lo Stato ciò significa condizionamento mafioso.
Al di là del fatto che respingo e respingerò sempre la fondatezza di tutto ciò, mi chiedo: in questo anno qual è stato il comportamento dei commissari prefettizi? Hanno fatto pagare le tasse? Hanno demolito le case abusive? Hanno revocato le concessioni demaniali o ne hanno assegnato altre incentivando i collegamenti con la malavita?

Rimane l’amarezza per avere amministrato con impegno ed essere stati sconfitti da una legge iniqua, sganciata dalla realtà e che affida alla discrezionalità ampia di chi ha il potere il destino di una comunità.

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