VILLA SAN GIOVANNI – Il corteo della “Re.Le.” si ferma nella centralissima piazza Valsesia per ribadire a gran voce l’appello “No alle mafie, sì alla legalità”. Nel cuore della città, nel luogo forse più amato dai giovani e meno giovani, la manifestazione entra nel vivo con un momento di riflessione e testimonianza. Almeno inizialmente, ci sono circa 300 persone, anche di più, distribuite in gruppi nelle diverse aree della piazza: chi siede sui gradini, chi resta in piedi, chi si accomoda sulle sedie appositamente collocate per l’occasione. Alle loro orecchie giungono, subito, le parole di Francesco Marcianò, presidente di Ponti Pialesi: «Da questa piazza vogliamo dire un sì grande alla legalità, alla giustizia, alla pace, ai diritti umani. Visto che nella nostra terra va molto di moda la ‘ndrangheta, siamo qui per dire che vogliamo essere lasciati in pace, vogliamo vivere la nostra vita in serenità e tranquillità, vogliamo crescere i nostri figli e nipoti senza essere disturbati con queste storie delle macchine bruciate, delle rapine, dei furti, degli atti di vandalismo. Ci disturba che qualcuno entri nella sede Avis danneggiando un’attività veramente importantissima per il nostro territorio, o che, in pieno giorno, si rapini una banca. I delinquenti stiano lontani da questo paese!». Marcianò prosegue appellandosi alla politica: «Il termine legalità va arricchito di contenuti, va messo prima di ogni altra cosa! C’è bisogno di iniziative, di seminari per inculcare nelle nuove generazioni il rispetto delle leggi e delle regole». Punta, dunque, sulla cultura della legalità il numero uno dell’associazione Ponti Pialesi, auspicando iniziative specifiche rivolte ai giovani e ai giovanissimi. Più la cultura legalitaria cresce, più la criminalità organizzata muore. Ma è fondamentale, appunto, che alle parole seguano fatti concreti. In tal senso, è ancora più forte il monito della presidente della Consulta del Terzo Settore Annalisa Arena, fermamente convinta della bontà del progetto “Re.Le.” anche in ordine alla tutela dei diritti delle fasce deboli, quel sociale di cui da sempre lei si occupa e dove si registra più di qualche nota stonata: «Nel nostro impegno sociale abbiamo incontrato tante persone di buona volontà, tanti cittadini perbene, ma anche – denuncia Arena – delle sacche di un terreno a volte arido di legalità. Ben venga questa rete per la legalità; legalità minata dal cancro della ‘ndrangheta che soffoca terribilmente il nostro presente e anche il nostro futuro, che impoverisce, svilisce, la nostra comunità; legalità minata dall’egoismo che non dona nulla; legalità minata dalla rassegnazione che ci paralizza tutti; legalità minata dall’ignavia che ci ruba la dignità; legalità minata dall’omissione che ci rende tutti quanti colpevoli». Annalisa Arena ritiene dunque necessaria e urgente «una nuova solidarietà, una nuova alleanza tra cittadini e istituzioni», e si dice profondamente convinta «che ciascun cittadino debba diventare custode della legge, combattendo per la legalità». Con una condizione imprescindibile: «La legalità non si proclama soltanto, ma va innanzitutto praticata, e va praticata con azioni e gesti concreti che danno senso e significato alle parole che vengono pronunciate», avvisa la presidente della Consulta del Terzo sottolineando che, in nessun caso, la legalità può essere messa da parte, nulla è tanto banale da non richiedere il rispetto delle regole. E qui Arena apre una finestra sul mondo della disabilità, continuamente mortificato da azioni di inciviltà come l’occupazione degli scivoli, i parcheggi selvaggi, la mancata applicazione delle leggi in materia. Tanto c’è da fare per una Villa diversa, più giusta, più attenta verso tutti. Annalisa Arena rilancia con due richieste ben precise: «La legalità si pratica e va praticata da tutti. Bisogna chiedere a gran voce che venga realizzato un centro di aggregazione sociale nella nostra città, un centro dove donne, uomini, bambini, ragazzi, anziani possano incontrarsi, confrontarsi, dialogare. Questo sì, sarebbe un fatto concreto e sostanziale. E ancora, richiediamo che vengano restituiti alla collettività i beni confiscati alla ‘ndrangheta, i beni confiscati devono essere messi a bando! Queste sono le azioni concrete che indicano in maniera inequivocabile da che parte stiamo, se siamo contro le mafie o no. Non c’è altra strada da percorrere – conclude Arena – È veramente straziante vedere i nostri figli andare via, e allora a noi la scelta, altrimenti c’è solo il baratro». L’associazione Ponti Pialesi e la Consulta del Terzo Settore, grazie al loro impegno giornaliero, sono dunque testimoni dirette del disagio, dei problemi, delle ingiustizie che, spesso, si registrano in città a causa dell’illegalità diffusa. Ecco perché le loro idee e proposte, come quelle dell’intera “Re.Le.”, possono rappresentare un tesoro, un bene prezioso, per gli amministratori comunali e non solo. (continua)
Francesca Meduri
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