“I limiti della sanità regionale e della burocrazia italiana in tempi di Coronavirus”

7 Marzo 2020
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Penso da sempre che sia stato un errore enorme modificare la Costituzione nel 2001 con quella sventurata riforma del Titolo V che ha regionalizzato la sanità italiana che fino a quel momento era per il mondo intero un modello da imitare in termini di capacità, efficienza e diritti uguali per tutti, ricchi o poveri che fossero.
Da allora, venendo meno l’unitarietà nazionale dell’azione dello Stato centrale, il divario, in termini di diritto alla salute, tra i cittadini del sud e quelli del nord ha assunto dimensioni man mano crescenti, divenute oggi
ormai non più accettabili. E fu così che iniziarono i cosiddetti “viaggi della speranza” con tutto ciò che ne è conseguito sotto il profilo dei buchi di bilancio per le ragioni meridionali, buchi creatisi a causa del fatto che
le risorse dei cittadini del mezzogiorno, per colpa della mobilità passiva, sono andate a finire “nelle tasche già gonfie” dei territori settentrionali. Viaggi che ancora oggi rappresentano per tante famiglie del sud costi
enormi e tanta sofferenza che si sarebbe potuta evitare se la Sanità italiana fosse rimasta una e una sola, statale e non regionale. E oggi che il Coronavirus è alle porte, il sud è terrorizzato più che per la paura del
contagio o la sua percentuale di mortalità, per la mancanza di strutture, apparecchiature, personale, in numero idoneo ad affrontare il morbo che ormai si avvicina. E a questo dramma si accompagna un problema gravissimo che da Sindaco ho avuto modo di denunciare più volte: la burocratizzazione eccessiva.
Non si può accettare che per il più banale degli interventi, sia un’opera pubblica da realizzare, un macchinario da acquistare, un’unità di personale da assumere, si siano create regole così cervellotiche e ostative che ne impediscono la sua realizzazione. Per contrastare fenomeni di corruzione per i quali, come avviene in altri Paesi del mondo, occorreva semplicemente inasprire duramente le pene, si è deciso, invece, di aggiungere commi su commi, articoli su articoli, leggi su leggi, tanto che oggi per la più semplice delle azioni da compiere da parte di un ente pubblico occorrono centinaia di passaggi, iter, autorizzazioni che quando si arriva alla fine del procedimento quell’azione ormai è superata dagli eventi. E, anche qui, oggi che il Coronavirus è ormai in movimento, realizzare altre sale di rianimazione, acquistare nuovi respiratori, assumere più medici e infermieri, diventa quasi impossibile. E se qualcuno, vista l’emergenza, se ne
assumerà la responsabilità per dare risposte veloci a chi rischia di morire, statene certi che presto o tardi finirà indagato o peggio ancora in carcere, pur avendo salvato vite umane, per non aver rispettato quei cavilli che, al contrario, quella vita umana l’avrebbero fatta morire. E allora, che questa crisi ci faccia rinsavire tutti e ci porti all’essenza vera dell’essere comunità, introducendo nuovamente nel nostro ordinamento il caposaldo costituzione che i nostri Padri avevano previsto, ossia una sanità unica e nazionale, e al contempo snellendo in Italia ogni procedura burocratica per una pubblica amministrazione che sia realmente più vicina ai cittadini e alle loro esigenze. E per i furbi che vogliono aggirare le regole non continuare a creare nuove norme ma inasprire le pene delle leggi che già ci sono. Solo così al prossimo Coronavirus saremo pronti a reagire nel modo giusto e senza nessun pericolo per la vita di nessuno.
Antonio Palermo

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