“Da tempo ormai abbiamo compreso che le mafie sono un fenomeno globale che interessa non solo le regioni del sud. Per combatterlo, oltre il tema della repressione, è fondamentale l’aspetto socioeconomico. La confisca dei beni e dei capitali e il loro riutilizzo a scopi sociali costituisce un colpo mortale alla criminalità organizzata, sia sul piano strettamente economico che per ciò che riguarda l’aspetto simbolico. Sottrarre risorse alla criminalità per reinserirle nel circuito sociale significa infatti affermare con forza un messaggio fondamentale: la legalità è più forte del malaffare, il bene ha la meglio sul male. In questo senso si inserisce la straordinaria intuizione di Pio La Torre e Virginio Rognoni, che consentì per la prima volta l’aggressione allo strapotere economico delle mafie restituendo alla collettività le ricchezze sottratte”.
“In questi anni – ha spiegato Falcomatà – grazie al prezioso lavoro promosso con Anci sul territorio, abbiamo lanciato anche un programma innovativo su questo tema: utilizzare gli edifici confiscati anche per far fronte all’emergenza abitativa, mettendo a disposizione delle famiglie più fragili appartamenti e ville confiscate ai clan. La proposta che avanziamo oggi è quella di attivare un programma nazionale sui beni confiscati che assegni anche delle risorse a questa filiera”.
“I beni assegnati agli Enti locali infatti molto spesso sono poco più che dei ruderi e questo comporta per gli Enti locali la necessità di reperire delle risorse per ristrutturarli, renderli agibili ed inserirli nel patrimonio disponibile per l’emergenza abitativa. Su questo fronte quindi è necessario inserire una previsione di spesa nella legge di bilancio ma anche avviare una seria riflessione sulla gestione delle risorse, dei capitali confiscati, che oggi vanno all’interno del Fondo Unico Giustizia. Sarebbe utile a mio avviso che almeno una parte di queste risorse rimanesse sui territori, assegnandole ai Comuni insieme ai beni confiscati, con l’obiettivo di riqualificarli e renderli agibili. Allo stesso modo si dovrebbe poter utilizzare i proventi dei fitti dei locali commerciali per ristrutturare i beni e quindi rendere più efficace e veloce la filiera del riutilizzo a fini abitativi”.
“A fianco a questo – ha aggiunto ancora Falcomatà – c’è da attivare una campagna di promozione della cultura della gestione dei beni confiscati, diretta alla formazione degli Amministratori locali. Da Sindaco metropolitano mi sono spesso trovato di fronte a sindaci di piccoli comuni che preferivano non partecipare ai bandi per l’assegnazione dei beni, con il risultato che questi, dopo la confisca, rimanevano per lungo tempo fermi ed inutilizzati. Dobbiamo fare in modo che ciò non accada, perché fino a quando il bene non riprende vita con la riassegnazione sociale, continua ad essere il simbolo del potere mafioso. In questo senso sarebbe utile promuovere dei seminari nei confronti degli amministratori locali, con l’obiettivo di sensibilizzarli sull’importanza di questa filiera, anche attraverso un protocollo d’intesa, tra Anci e l’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, per favorire questi processi e renderli sempre più semplici ed efficaci”.
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