Infanticidio a Villa, il dramma di una famiglia che aveva vissuto in auto

1 Giugno 2024
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VILLA SAN GIOVANNI – È una storia di povertà, di degrado culturale e morale, di abbandono, ma anche di aiuto e solidarietà, quella della famiglia della tredicenne che ha partorito il neonato trovato morto domenica scorsa tra gli scogli del lungomare. Solo qualche anno fa, prima dell’intervento del Comune, madre, padre e figlie arrivano al punto da essere costretti a vivere in macchina, per strada, tra ovvi disagi e difficoltà.

Nel 2019, comunque, dietro segnalazione di alcuni cittadini, l’intervento dei servizi sociali del Comune restituisce loro sollievo e dignità. Merito, anche, di una comunità che riesce a fare squadra: Scuola, associazioni, parrocchie costituiscono una rete solidale a sostegno della famiglia, collaborando fattivamente con l’istituzione locale che si occupa in primis di tutelare i minori presenti nel nucleo familiare. Questo, nel frattempo, inizia a beneficiare del reddito di cittadinanza e, più avanti, del reddito di inclusione. Col tempo, tuttavia, i genitori si separano e il padre si trasferisce in Toscana, lasciando le due figliolette sole con la madre. Il nucleo familiare – all’epoca costituito pure da altri figli nati da precedenti relazioni della madre – continua poi a essere attenzionato dal Comune, vista la situazione disagiata non solo dal punto di vista economico.

Dunque, pare che la famiglia fosse ancora negli elenchi dei servizi sociali mentre alla tredicenne accadeva quello che è accaduto. Ecco perché la vicenda, oltre a un grande dolore, ha generato grande scalpore e grande indignazione. Come è possibile che una bambina, peraltro affetta da deficit cognitivo e seguita a scuola da un insegnante di sostegno, sia rimasta incinta e abbia portato avanti la gravidanza per quasi nove mesi senza che nessuno se ne accorgesse? Dove erano le istituzioni? E dove erano quei cittadini che oggi parlano davanti alle telecamere ma che per mesi sono stati zitti?

In attesa che questi e altri interrogativi ancora aperti trovino risposte, semmai le troveranno, emerge una certezza: il riconoscimento di “Centro della famiglia”, ottenuto nel 2019 e che consente pure oggi al Comune di ottenere fondi ad hoc per le politiche sociali, è diventato carta straccia di fronte a quanto accaduto, una tragedia che, forse, poteva essere scongiurata. (Francesca Meduri)

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