L’appello dei ‘No Ponte’: «Serve un movimento popolare per fermare l’opera»

28 Ottobre 2024
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«A fronte dell’attacco violento del Governo che avanza a spron battuto verso l’apertura dei cantieri del Ponte, passando sopra ogni principio di diritto e di logica, bisogna rilanciare e rafforzare la costruzione di un movimento popolare»: è questo quanto emerso a seguito della due giorni di dibattito e mobilitazione del 19 e 20 di ottobre promossa sulle due sponde dello Stretto dal Movimento No Ponte – Calabria e dallo Spazio No Ponte.

Secondo il nuovo cronoprogramma della Stretto di Messina Spa, a dicembre 2024 il progetto definitivo del ponte sullo Stretto dovrebbe superare il vaglio del Cipess. Sarebbe così possibile, a detta della Società concessionaria, avviare le operazioni preliminari (bonifica dagli ordigni bellici, viabilità di cantiere, espropri “bonari” …). I successivi passaggi sarebbero: a maggio 2025 l’avvio delle demolizioni dei fabbricati rientranti nel piano degli espropri e ad agosto l’apertura dei cantieri di Cannitello e di Faro-Ganzirri.

«Le tappe di questo cronoprogramma sono, evidentemente, condizionate dal superamento degli ostacoli costituiti dai pronunciamenti degli organismi di controllo. Al fine di ovviare ai possibili blocchi posti all’interno dell’iter di progettazione, il Governo ha proceduto ad una intensa produzione normativa»: sottolineano il Movimento No Ponte – Calabria e lo Spazio No Ponte specificando tre punti in particolare:

  1. a) il “decreto ponte”, attraverso il quale «si è resa possibile la “reviviscenza del contratto” e consentito di rimettere in campo progetti e società che sembravano accantonati con la “caducazione del contratto” e l’avvio del processo di liquidazione della Stretto di Messina Spa voluti dal Governo Monti»;
  2. b) il “decreto infrastrutture”, «che consentirebbe l’approvazione del progetto esecutivo per fasi, permettendo l’avvio della cantierizzazione pur in assenza di un progetto esecutivo unitario»;
  3. c) il “decreto ambiente”, «che rende meno vincolanti i pareri delle commissioni Via/Vas».

A questi provvedimenti normativi va aggiunto il “ddl sicurezza”, «che riscrive per intero la gestione dei conflitti sociali – continuano le organizzazioni contrarie al ponte sullo Stretto – attraverso la produzione di ulteriori reati e l’aumento delle pene per quelli già esistenti, inserendo tra questi le pratiche di lotta di chi si oppone alla realizzazione di opere pubbliche ritenute strategiche. Evidentemente, il Governo ha pensato che ridisegnare l’ordine legale avrebbe significato la fine del contenzioso sul ponte sullo Stretto, ma quello che loro chiamano avvio del cronoprogramma per noi sarebbe solo un cambiamento di fase, non di certo la fine del conflitto».

I No Ponte Calabria concludono con un appello: «Agire la nuova fase significa, però, darsi anche gli strumenti per sostenere la lotta. Lo diciamo senza infingimenti: ci vuole un movimento popolare che aspiri a fermare il processo di cantierizzazione, un movimento popolare fatto di comitati e assemblee distribuiti nell’area dello Stretto, ma che voglia estendersi anche a tutta la Sicilia e a tutta la Calabria. Per chi vive i territori dello Stretto si tratta, certo, in maniera fondamentale di resistere alla devastazione che verrebbe causata della cantierizzazione. Per chi abita le nostre regioni è importante, invece, contendere le risorse concentrate in un’opera inutile e devastante affinché vengano utilizzate per rispondere ai bisogni inevasi delle popolazioni. Bisognerà, infine, cercare la solidarietà di tutti i movimenti che si battono dappertutto per la difesa dei territori e stabilire legami di fraternità. Non siamo alla fine dell’iter. Siamo all’inizio della lotta».

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