Il prossimo 7 marzo saranno trascorsi 29 anni dall’approvazione della 𝐋𝐞𝐠𝐠𝐞 𝟏𝟎𝟗/𝟗𝟔 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, che ha rappresentato un formidabile strumento di contrasto ai clan e all’economia criminale, consentendo contestualmente di disseminare in tutta Italia esperienze di riscatto e cambiamento. Una legge, fortemente voluta dalla società civile attraverso la raccolta di oltre 1 milione di firme promossa da Libera, che determinò significativi miglioramenti alla 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐑𝐨𝐠𝐧𝐨𝐧𝐢-𝐋𝐚 𝐓𝐨𝐫𝐫𝐞 la quale prevedeva, oltre l’inserimento nel codice penale del reato di associazione mafiosa, la sola confisca dei beni ai mafiosi.
Il 7 marzo del 1996 venne segnato un passo storico nella lotta alle mafie sia nel metodo, saldando l’aspetto repressivo con quello rigenerativo e sociale, sia nei risultati, con la restituzione alla collettività di migliaia di beni sottratti dai poteri criminali. Tutto ciò grazie al protagonismo di un popolo variegato fatto di associazioni, cooperative sociali e del mondo del volontariato impegnati nella trasformazione da beni di “cosa nostra” ed esclusivi a beni comuni e condivisi.
«Per questi motivi, – comunica la referente Domenica Imbesi – il presidio Libera di Villa San Giovanni “G. Trecroci”, grazie alla sinergia e alla collaborazione con quelle associazioni che sul territorio cittadino hanno come sede un bene confiscato, promuove, per il secondo anno consecutivo, insieme alle associazioni O.RA. Di. AGIRE., SMILE e Coop. ROSE BLU, la giornata “SIAMO APERTI”, un’occasione nella quale i beni confiscati vengono aperti alla cittadinanza e agli studenti per “toccare con mano” le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati sul territorio di Villa San Giovanni».
«Vi aspettiamo giovedì 6 marzo 2025 a Villa San Giovanni dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle 16:00 alle 18:00 c/o le sedi delle associazioni sopra citate, dove – conclude con questo invito Imbesi – sarà possibile visitare e conoscere i beni confiscati restituiti alla collettività attraverso azioni di solidarietà medica, di raccolta e distribuzione alimentare, di futura accoglienza in un centro “dopo di noi”, grazie all’impegno quotidiano di associazioni che hanno saputo trasformare dei segni di potere mafioso in opportunità e alternative solidali per la collettività».
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