«Servizi, casa, lavoro: la politica assente e il futuro negato di Arghillà»
La Sinistra Italiana di Reggio Calabria non si fa incantare dai 5 milioni di euro che il governo nazionale ha stanziato per il quartiere di Arghillà. Ecco quanto scrive Francesco Nicolò, segretario della sezione reggina “Rosa Luxemburg”:
«Cinque milioni di euro per Arghillà. Il Governo Meloni esulta, la destra locale si mette in posa per le foto di rito, ma la verità è che non cambia nulla. Arghillà resta un ghetto, un quartiere abbandonato da decenni, tenuto in piedi con interventi occasionali e mai con una vera strategia di riscatto. Questa non è una soluzione: è l’ennesima operazione di facciata per nascondere il fallimento della politica istituzionale su Reggio Calabria.
Non è un caso che la destra continui a trattare Arghillà come un problema da gestire con misure straordinarie invece che con politiche strutturali. Si ripete sempre lo stesso copione: si stanziano fondi a pioggia senza un progetto reale di trasformazione, senza un piano per il lavoro, per la casa, per i servizi. Arghillà è stata costruita come una zona di esclusione, un quartiere isolato fisicamente e socialmente dal resto della città, senza infrastrutture adeguate, senza opportunità. E oggi continua a essere trattata come una ferita da nascondere, non come una comunità da valorizzare.
Giacomo Marino, dell’associazione Un Mondo di Mondi, ha descritto con estrema lucidità questa realtà: Arghillà è il risultato di precise scelte politiche, di un modello di gestione urbanistica e sociale che ha concentrato povertà e disagio in un’unica area, rendendola una prigione a cielo aperto. A questo dovrebbe rispondere un governo serio, ma invece di proporre un vero piano di fuoriuscita dal ghetto, di investire su casa, lavoro, servizi, cultura, la destra si limita a distribuire fondi dall’alto, senza coinvolgere la popolazione, senza ascoltare chi ogni giorno vive il quartiere.
A sostituire un’amministrazione pubblica assente è spesso il tessuto associativo e solidale, che da anni rappresenta l’unico vero presidio di welfare in quartieri come Arghillà. Sono le associazioni, i volontari, le realtà di base che provano a garantire un minimo di diritti sociali: dall’educazione all’assistenza sanitaria, dall’inclusione lavorativa alla lotta per il diritto alla casa. Questo però non può essere un alibi per lo Stato, che continua a delegare la gestione della povertà a chi ha pochi mezzi e zero potere decisionale.
Crediamo che la soluzione per Arghillà non sia tamponare l’emergenza, ma un progetto politico che parta dal basso e abbia come obiettivo principale una cosa: far uscire il quartiere dall’isolamento. Questo significa servizi pubblici di qualità, un trasporto efficiente che lo colleghi al resto della città, un piano di edilizia popolare che permetta a chi lo desidera di vivere in altre zone, un investimento serio sul lavoro e sulla cultura. Significa smettere di trattare Arghillà come una realtà separata e iniziare a costruire la sua piena integrazione nel tessuto cittadino.
Non lasceremo che questa ennesima operazione propagandistica passi inosservata. Arghillà non ha bisogno di carità o di polizia in assetto di guerra: ha bisogno di diritti, di dignità, di una prospettiva reale. E questa prospettiva non verrà certo da chi lo ha condannato al degrado e ora finge di volerlo salvare».
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